PROPOSTA DI LEGGE

Parte prima
DISCIPLINA DEL PROCESSO TRIBUTARIO

Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Capo I
DEL GIUDICE TRIBUTARIO E DEI SUOI AUSILIARI

Art. 1.
(Organi della giurisdizione tributaria).

      1. La giurisdizione tributaria, nel rispetto dell'articolo 111, primo e secondo comma, della Costituzione, è esercitata dai tribunali tributari e dalle corti d'appello tributarie di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1992, n. 545, come da ultimo modificato dalla parte seconda della presente legge.
      2. I giudici tributari applicano le norme della presente legge e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile.

Art. 2.
(Oggetto della giurisdizione tributaria).

      1. Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi e le tasse di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali nonché i contributi previdenziali e i contributi per il Servizio sanitario nazionale, accertati dagli uffici delle agenzie fiscali e

 

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dagli uffici previdenziali. In ogni caso, il giudice tributario è competente per tutte le controversie legate da una connessione stretta ad organi fiscali e previdenziali.
      2. Appartengono alla giurisdizione tributaria le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici delle agenzie fiscali, da uffici locali, regionali e previdenziali, gli interessi moratori, anche anatocistici di cui all'articolo 1283 del codice civile, la rivalutazione monetaria di cui all'articolo 1224, secondo comma, del medesimo codice civile, e ogni altro accessorio, compresi gli aggi, le indennità di mora e le spese di notifica, dovuti all'agente della riscossione.
      3. Rientrano nella competenza dei giudici tributari tutte le azioni di risarcimento danni, ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, per comportamenti dolosi o colposi, nell'ambito delle materie di cui ai commi 1 e 2, e tutte le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria, anche successivi alla notifica della cartella di pagamento, comprese le controversie relative all'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, nonché tutte le controversie relative ai fermi amministrativi e alle iscrizioni di ipoteche.
      4. Appartengono, inoltre, alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale. Il giudice tributario può decidere anche in materia di tariffe d'estimo, tenuto conto di quanto disposto dal comma 8.
      5. Appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, previsto dall'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni,
 

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e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e della tariffa igiene ambientale, le controversie attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni e le controversie relative al contributo per il rilascio del permesso di costruire previsto dall'articolo 16 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.
      6. Il giudice tributario può risolvere in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle cause rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o sulla capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio, e sempreché non si verifichino le ipotesi di cui all'articolo 39, comma 1, lettere a) e d).
      7. Appartiene altresì alla giurisdizione tributaria la causa tra sostituto d'imposta e sostituito avente ad oggetto la pretesa del sostituto di rivalersi sulle somme versate a titolo di ritenuta d'acconto o del sostituito di chiedere il rimborso con l'intervento necessario dell'ufficio dell'agenzia fiscale competente.
      8. È ammessa davanti al giudice tributario l'azione di mero accertamento negativo in prevenzione, attinente la non debenza di un determinato tributo, tassa o tariffa, ove essa sia sperimentata in via preventiva, in assenza di un atto impositivo o di riscossione.
      9. Tutte le controversie relative all'applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte sono devolute alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi territorialmente competenti, ai sensi dell'articolo 2-sexies del decreto-legge 26 aprile 2005, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2005, n. 109.
      10. Sono di competenza esclusiva del giudice ordinario tutte le controversie concernenti il diritto annuale a carico delle ditte che svolgono attività economica iscritte agli albi e ai registri tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito denominate
 

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«camere di commercio», nonché le controversie relative all'occupazione senza titolo di un bene del demanio.
      11. Non rientrano nell'ambito della giurisdizione tributaria le controversie che riguardano i soli rapporti tra privati, salvo le controversie di cui al comma 7.

Art. 3.
(Difetto di giurisdizione).

      1. Il difetto di giurisdizione è rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo.
      2. È ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall'articolo 41, primo comma, del codice di procedura civile. In tal caso, deve essere disposta la sospensione del processo, ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera d).
      3. Quando la Corte di cassazione stabilisce la giurisdizione del giudice competente, le parti interessate devono riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, pena l'estinzione del grado del processo. In caso di tempestiva riassunzione del processo, si conservano sempre gli effetti della domanda nel processo proseguito, a seguito di declaratoria di giurisdizione, davanti al giudice munito di giurisdizione. In caso di tempestiva riassunzione davanti al competente giudice tributario, sono applicabili le norme della presente legge.

Art. 4.
(Competenza per territorio).

      1. I tribunali tributari e le corti d'appello tributarie sono competenti per le cause proposte nei confronti degli uffici delle agenzie fiscali o dell'ente previdenziale ovvero degli enti locali o regionali ovvero degli agenti della riscossione, anche per delega, che hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia è proposta nei confronti del centro operativo di

 

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Pescara e di Venezia dell'Agenzia delle entrate è sempre competente il tribunale tributario nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso, ad eccezione dell'ipotesi di cui al comma 2.
      2. Nel giudizio conseguente al diniego, espresso o tacito, del rimborso effettuato dal centro operativo di Pescara a seguito della richiesta di un contribuente non residente, il tribunale tributario competente per territorio è quello di Pescara.
      3. Le corti d'appello tributarie, e le relative sezioni staccate, sono competenti per le impugnazioni avverso le sentenze dei tribunali tributari che hanno sede nella loro circoscrizione.

Art. 5.
(Incompetenza territoriale).

      1. La competenza territoriale è inderogabile.
      2. L'incompetenza territoriale è rilevabile, anche d'ufficio, soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce.
      3. La sentenza dei giudici tributari che dichiara la propria incompetenza rende incontestabile l'incompetenza dichiarata e la competenza territoriale in essa indicata, se il processo viene riassunto a norma del comma 5.
      4. Non si applicano gli articoli 42 e 43 del codice di procedura civile sui regolamenti di competenza.
      5. La riassunzione del processo davanti ai giudici tributari dichiarati competenti deve sempre essere effettuata con ricorso di parte nel termine perentorio fissato nella sentenza o, in mancanza, nel termine perentorio di sei mesi dalla comunicazione del dispositivo della sentenza stessa, in conformità a quanto disposto dagli articoli 20, 21 e 22. Se la riassunzione avviene nei termini indicati dal periodo precedente, il processo continua davanti ai nuovi giudici; in difetto, si estingue il grado del processo.
      6. L'estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa. Essa è

 

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sempre dichiarata con sentenza del collegio e si riferisce soltanto al grado del processo in cui è pronunciata.
      7. Il processo riassunto deve rimanere sospeso in attesa del passaggio in giudicato della sentenza in ordine all'eventuale giudizio di impugnazione, come previsto dall'articolo 39, comma 1, lettera a).

Art. 6.
(Astensione e ricusazione dei giudici tributari).

      1. L'astensione e la ricusazione dei giudici tributari sono disciplinate dalle norme del codice di procedura civile.
      2. Il giudice tributario ha l'obbligo di astenersi e può essere ricusato anche nell'ipotesi di partecipazione alla Commissione di cui all'articolo 13, comma 2, e in ogni caso in cui abbia o abbia avuto rapporti di dipendenza dal Ministero dell'economia e delle finanze o dall'agenzia fiscale o dall'ente locale o regionale o dall'agente della riscossione, nonché rapporti di lavoro autonomo ovvero di collaborazione, anche occasionale, con una delle parti.
      3. Sulla ricusazione decide il collegio al quale appartiene il componente ricusato, senza la sua partecipazione e con l'integrazione di un altro membro della stessa sezione designato dal suo presidente. Il collegio decide con ordinanza motivata non impugnabile, dalla cui comunicazione decorre il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione, pena l'estinzione del grado di giudizio.
      4. In sede di appello, il motivo di ricusazione non può essere eccepito per la prima volta.

Art. 7.
(Poteri istruttori dei giudici tributari).

      1. I giudici tributari, ai fini istruttori e soltanto nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, con ordinanza motivata non impugnabile, esercitano tutte le facoltà di accesso,

 

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di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferiti agli uffici dell'agenzia fiscale, all'ente locale o regionale, all'ente previdenziale e all'agente della riscossione da ciascuna norma in relazione al tributo al quale si riferisce la controversia, senza dover chiedere alcuna preventiva autorizzazione ad organi giudiziari e amministrativi.
      2. I giudici tributari non devono tenere conto di atti e prove acquisiti in violazione di disposizioni di legge.
      3. I giudici tributari, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono disporre, anche d'ufficio, una consulenza tecnica da affidare soltanto a professionisti esperti del settore iscritti all'ordine o collegio professionale. Per tale consulenza è disposto il divieto di affidamento ai dipendenti degli uffici dell'agenzia fiscale o del Corpo della guardia di finanza o dell'Istituto nazionale della previdenza sociale o dell'ente locale o regionale o dell'agente della riscossione. Il collegio può applicare l'articolo 696 del codice di procedura civile.
      4. I giudici tributari, se ritengono illegittimo un regolamento, un decreto ministeriale o un atto generale rilevante ai fini della sentenza, non lo applicano, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente. A tale proposito, i giudici tributari, per l'eventuale disapplicazione dei relativi decreti ministeriali, possono richiedere agli organi amministrativi competenti la documentazione di tutta la metodologia, con le relative note tecniche, utilizzata per calcolare e determinare gli studi di settore, ai sensi dell'articolo 62-sexies, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, e per calcolare e determinare il reddito complessivo, ai sensi dell'articolo 38, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.
      5. Sono ammessi dal collegio il giuramento e la prova testimoniale, ai sensi degli articoli da 233 a 257 del codice di
 

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procedura civile. Le funzioni del giudice istruttore e dell'ufficiale giudiziario sono svolte, rispettivamente, dal presidente del collegio giudicante e dall'ausiliario addetto alla segreteria.
      6. L'articolo 32, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è abrogato.
      7. In ogni caso, il collegio ha la facoltà di disporre la comparizione personale delle parti al fine di interrogarle liberamente sui fatti di causa. Il collegio può ordinare il deposito di documenti ritenuti decisivi per la decisione della causa stessa o il deposito di documenti non prodotti per cause non imputabili alle stesse parti. Inoltre, i giudici tributari possono trarre argomenti di prova anche dal comportamento tenuto dalle parti durante il processo.
      8. Per le cause relative alle azioni di risarcimento danni, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, il collegio, su istanza delle parti costituite, può disporre l'accertamento tecnico e l'ispezione giudiziale, ai sensi dell'articolo 696 del codice di procedura civile.
      9. Durante la sola fase istruttoria, sono applicabili gli articoli 184-bis e 294 del codice di procedura civile e il collegio decide con ordinanza motivata non impugnabile.
      10. Il collegio giudicante può delegare in qualunque momento un proprio componente per il compimento degli atti istruttori di cui al presente articolo.
      11. Il compenso aggiuntivo di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, come da ultimo sostituito dalla parte seconda della presente legge, è pari alla metà di quello determinato per ogni ricorso definito anche per le ordinanze istruttorie emesse ai sensi del presente articolo.

Art. 8.
(Errore scusabile sulla norma tributaria).

      1. I giudici tributari, anche d'ufficio, dichiarano non applicabili le sanzioni amministrative

 

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previste dalle leggi tributarie e previdenziali quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce.

Art. 9.
(Organi autonomi di assistenza dei giudici tributari).

      1. Il personale dell'ufficio di segreteria assiste i giudici tributari ai sensi delle disposizioni del codice di procedura civile concernenti il cancelliere.
      2. Le attività dell'ufficiale giudiziario in udienza sono svolte dal personale ausiliario addetto alla segreteria.
      3. La mancata assistenza del segretario alla formazione del processo verbale di udienza non determina alcuna nullità del procedimento.

Capo II
DELLE PARTI E DELLA LORO RAPPRESENTANZA E DIFESA NEL PROCESSO

Art. 10.
(Parti).

      1. Sono parti interessate nel processo tributario, oltre al ricorrente, che è esclusivamente colui che risulti destinatario e notificatario di uno degli atti indicati tassativamente nell'articolo 19, l'ufficio dell'agenzia fiscale, l'ente previdenziale, l'ente locale o regionale o l'agente della riscossione, che ha emanato l'atto impugnato o non ha emanato l'atto richiesto ovvero, se l'ufficio è il centro operativo di Pescara e di Venezia, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate al quale spettano le attribuzioni nel rapporto controverso, ad eccezione dell'ipotesi di cui all'articolo 4, comma 2.
      2. La Società italiana degli autori ed editori (SIAE) non può essere parte nel

 

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processo tributario, in quanto semplice mandataria dell'Amministrazione finanziaria.
      3. Il notaio, in quanto responsabile d'imposta, non può essere parte del processo relativo al rimborso delle somme corrisposte in eccedenza.
      4. La carenza di legittimazione attiva o passiva è un difetto del processo, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.

Art. 11.
(Capacità di stare in giudizio).

      1. Le parti interessate, diverse da quelle indicate nei commi 2 e 3, possono stare in giudizio anche mediante procuratore generale o speciale. La procura speciale, se conferita al coniuge e ai parenti o affini entro il quarto grado ai soli fini della partecipazione all'udienza pubblica, può risultare anche da scrittura privata non autenticata.
      2. L'ufficio dell'agenzia fiscale e dell'ente previdenziale nei cui confronti è proposto il ricorso sta in giudizio direttamente, con un proprio dipendente delegato dal dirigente dell'ufficio.
      3. L'ente locale o regionale nei cui confronti è proposto il ricorso può stare in giudizio, in primo e secondo grado, anche mediante il dirigente dell'ufficio tributi ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio. In ogni caso, è sempre fatto salvo quanto diversamente stabilito dallo statuto dell'ente locale o regionale.
      4. Qualora il relativo servizio di accertamento e riscossione di tributi locali e regionali sia affidato in concessione, legittimato a stare in giudizio è soltanto lo stesso concessionario, che subentra in tutti i diritti ed obblighi inerenti alla gestione del servizio.
      5. Il difetto di rappresentanza processuale è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo.

 

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      6. Il difetto di rappresentanza processuale può formare oggetto di sanatoria in ogni stato e grado del giudizio, mediante la costituzione in giudizio del legale rappresentante che, in maniera espressa oppure tacitamente, attraverso fatti concludenti, manifesta la sua volontà di ratificare l'attività difensiva svolta dal rappresentante privo del relativo potere.

Art. 12.
(Difesa tecnica).

      1. Le parti interessate, diverse dall'ufficio dell'agenzia fiscale o dall'ente locale o regionale o dall'ente previdenziale nei cui confronti è stato proposto il ricorso, devono stare in giudizio, salvo i casi in cui la legge dispone altrimenti, con il ministero di un unico avvocato legalmente esercente, senza alcuna limitazione territoriale e, davanti alla Corte di cassazione, con il ministero di un avvocato iscritto all'apposito albo.
      2. Al difensore deve essere conferita la procura alle liti, ai sensi dell'articolo 83 del codice di procedura civile, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata o anche in calce od a margine di un atto del processo, nel qual caso la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso avvocato. La procura speciale alle liti è valida sia quando la firma del difensore si trovi subito dopo la sottoscrizione del conferente sia quando la firma del difensore sia apposta in chiusura del testo del documento nel quale il mandato si inserisce. All'udienza pubblica la procura può essere conferita solo per iscritto e se ne dà atto nel verbale. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su un foglio separato che sia, però, congiunto materialmente all'atto cui si riferisce.
      3. L'ufficio dell'agenzia fiscale, solo nel giudizio d'appello, può essere assistito dall'Avvocatura dello Stato.
      4. Le cause di valore inferiore ad euro 2.582,28, anche se concernenti atti impositivi dei comuni e degli altri enti locali o

 

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regionali, possono essere proposte direttamente dalle parti interessate che, nei relativi processi, possono stare in giudizio anche senza difesa tecnica. Per valore della lite si intende l'importo del singolo tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste. Il collegio giudicante può, tuttavia, se lo ritiene necessario, ordinare alla parte di munirsi di difesa tecnica fissando per il deposito della procura in segreteria un termine perentorio entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, a conferire l'incarico ad un avvocato legalmente esercente.
      5. Il presidente della sezione o il collegio giudicante possono sempre ordinare alla parte di munirsi di difesa tecnica, fissando un termine perentorio entro il quale la stessa è tenuta, a pena d'inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, a conferire l'incarico ad un avvocato e a depositare la relativa procura in segreteria, anche nelle ipotesi in cui il ricorso sia stato erroneamente sottoscritto dalla parte stessa per una causa di valore superiore ad euro 2.582,28.
      6. Durante lo svolgimento della difesa tecnica, l'avvocato non è soggetto alle norme antiriciclaggio di cui al decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, e successive modificazioni, e al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 10 aprile 2007, n. 60.

Art. 13.
(Difesa tecnica gratuita).

      1. Nel processo tributario è applicabile l'istituto della difesa tecnica gratuita, come disciplinato dagli articoli da 74 a 86 del testo unico di cui al decreto del Presidente

 

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della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni.
      2. La commissione per il gratuito patrocinio non ha natura giurisdizionale ed è, pertanto, da escludere la possibilità di ricorrere alla Corte di cassazione avverso il provvedimento di diniego dell'ammissione al gratuito patrocinio.
      3. Al presidente e ai componenti della commissione di cui al comma 2 non spetta alcun compenso.

Art. 14.
(Litisconsorzio e intervento volontario).

      1. Se l'oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi. Si applica l'articolo 2, comma 7. Il litisconsorzio necessario può essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo.
      2. Se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i soggetti indicati nel comma 1, è ordinata l'integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo.
      3. Possono intervenire volontariamente per adesione, entro il termine perentorio di cui all'articolo 32, comma 1, o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell'atto impugnato oppure parti del rapporto tributario o previdenziale controverso. In ogni caso, non possono intervenire nel processo tributario gli enti esponenziali che si ergono a tutela di una generica e indefinita categoria di contribuenti.
      4. Le parti chiamate si devono costituire in giudizio nelle forme prescritte per la parte resistente, in quanto applicabili.
      5. I soggetti indicati nei commi 1 e 3 intervengono nel processo notificando apposito atto a tutte le parti costituite e

 

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costituendosi, a loro volta, nelle forme di cui al comma 4.
      6. Le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente per adesione non possono impugnare autonomamente l'atto se per esse, al momento della costituzione, è già decorso il termine perentorio previsto dalle singole leggi di competenza.
      7. L'agente della riscossione, nelle liti promosse nei suoi confronti che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l'ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite.

Art. 15.
(Spese del giudizio e lite temeraria).

      1. La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza. I giudici tributari possono dichiarare compensate, in tutto o in parte, le spese, a norma dell'articolo 92, secondo comma, del codice di procedura civile, con sentenza congruamente e specificamente motivata. È applicabile l'articolo 96 del codice di procedura civile.
      2. Le spese del giudizio liquidate con la sentenza sono immediatamente esecutive, anche se viene proposto appello, salvo la sospensione dell'esecuzione della sentenza ai sensi dell'articolo 61.
      3. Nella liquidazione delle spese a favore dell'ufficio dell'agenzia fiscale o dell'ente previdenziale, se costituito con propri funzionari, oppure a favore dell'ente locale o regionale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati, con la riduzione del 30 per cento degli onorari e diritti di avvocato ivi previsti, nonché un rimborso forfetario delle spese generali, in ragione del 10 per cento sull'importo degli onorari e dei diritti già ridotti.

 

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Art. 16.
(Comunicazioni e notificazioni).

      1. Le comunicazioni sono fatte mediante avviso della segreteria consegnato alle parti costituite, che ne rilasciano immediatamente ricevuta, o spedito a mezzo del servizio postale in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. Le comunicazioni all'ufficio dell'agenzia fiscale o all'ente previdenziale o all'ente locale o regionale possono essere fatte mediante trasmissioni di elenco in duplice esemplare, uno dei quali, immediatamente datato e sottoscritto per ricevuta, è restituito alla segreteria. La segreteria può anche richiedere la notificazione dell'avviso da parte dell'ufficio giudiziario o del messo comunale nelle forme di cui al comma 2.
      2. Le notificazioni agli uffici competenti sono fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall'articolo 17 della presente legge.
      3. Le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell'atto in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento ovvero al competente ufficio dell'agenzia fiscale o al competente ente previdenziale o al competente ente locale o regionale mediante consegna dell'atto all'impiegato addetto, che ne rilascia ricevuta sulla copia.
      4. L'ufficio dell'agenzia fiscale o l'ente previdenziale o l'ente locale o regionale provvede alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale di nomina giuntale o di messo speciale autorizzato dall'Amministrazione finanziaria o dall'ente previdenziale o dal dirigente dell'ente locale, con l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 2; i suddetti messi, a pena di nullità insanabile, non sono abilitati, neppure in via eccezionale, ad effettuare notificazioni dinanzi agli organi giudiziari.
      5. Qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si

 

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considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono sempre dalla data in cui l'atto è ricevuto legalmente o dalla data di conferimento dell'incarico all'ufficiale giudiziario, se vi è stata l'intermediazione dell'agente notificatore.
      6. Per la relazione di notificazione, si applica sempre l'articolo 148 del codice di procedura civile, a pena di nullità insanabile.
      7. Gli articoli 156, ultimo comma, e 160 del codice di procedura civile si applicano soltanto alle notificazioni degli atti processuali e non anche alle notificazioni degli atti amministrativi impositivi o di riscossione degli uffici dell'agenzia fiscale, dell'ente locale o regionale, dell'ente previdenziale o dell'agente della riscossione, tassativamente elencati nell'articolo 19, comma 1, della presente legge.
      8. Le comunicazioni possono essere eseguite anche a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi.

Art. 17.
(Luogo delle comunicazioni e notificazioni).

      1. Le comunicazioni e le notificazioni sono fatte nel luogo indicato dall'articolo 330, primo e secondo comma, del codice di procedura civile.
      2. È valida la notifica di una sola copia dell'atto al procuratore costituito per una pluralità di parti.
      3. Le indicazioni di cui al comma 1 hanno effetto anche per i successivi gradi del processo, salvo che non sia diversamente disposto.
      4. Se mancano le indicazioni di cui al comma 1 o se per la loro assoluta incertezza la notificazione o la comunicazione degli atti non è possibile, questi sono comunicati o notificati presso la segreteria.

 

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Titolo II
IL PROCESSO

Capo I
DEL PROCESSO IN PRIMO GRADO

Sezione I
INTRODUZIONE DEL PROCESSO

Art. 18.
(Ricorso).

      1. Il processo è introdotto soltanto con ricorso al tribunale tributario.
      2. Il ricorso deve contenere l'indicazione:

          a) del tribunale tributario cui è diretto;

          b) del ricorrente e del suo attuale legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché del codice fiscale;

          c) dell'ufficio dell'agenzia fiscale o dell'ente locale o regionale o dell'ente previdenziale o dell'agente della riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto;

          d) dell'atto impugnato e dell'oggetto della domanda; non sono ammesse domande riconvenzionali;

          e) dei motivi specifici.

      3. I fatti non contestati nella prima difesa utile, quale che sia la parte che li abbia dedotti, non appartengono alla lite, se non come fatti pacifici, come stabilito dall'articolo 23, comma 3.
      4. Il ricorso deve essere sottoscritto dall'avvocato del ricorrente e contenere la certificazione della procura, a norma dell'articolo 12, comma 2, salvo che il ricorso non sia sottoscritto personalmente, nei

 

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casi tassativamente previsti dal citato articolo 12, comma 4. La sottoscrizione dell'avvocato, con la certificazione della procura, oppure la sottoscrizione della parte deve essere apposta, a pena d'inammissibilità, tanto nell'originale quanto nelle copie del ricorso, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 14, comma 2. Non sussiste nullità del ricorso quando la sottoscrizione del difensore, ancorché non comparente in calce all'atto, risulti stilata sotto la certificazione dell'autentica della firma apposta dalla parte alla procura alla lite, in quanto la firma dell'avvocato assolve alla duplice funzione di sottoscrivere l'atto e di certificare l'autografia del mandato.
      5. Il ricorso è dichiarato inammissibile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, se manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni di cui al comma 2, ad eccezione di quella relativa al codice fiscale, oppure se è privo della sottoscrizione e della certificazione della procura del ricorso e delle copie, a norma del comma 4.

Art. 19.
(Atti tassativi impugnabili e oggetto del ricorso).

      1. Il ricorso può essere proposto dalla parte interessata, compreso il cessionario del credito, avverso i seguenti atti tassativi oggetto della giurisdizione tributaria, ai sensi dell'articolo 2:

          a) l'avviso di accertamento o di rettifica del tributo, anche parziale, e l'avviso di recupero dei crediti d'imposta di ogni genere; il provvedimento di revoca dell'accertamento con adesione;

          b) l'avviso di liquidazione del tributo, la comunicazione di irregolarità e l'invito bonario a versare quanto dovuto in modo definitivo e non condizionato;

          c) il provvedimento che determina le sanzioni, comunque irrogate da uffici fiscali e previdenziali, comprese le sanzioni in caso di impiego di lavoratori irregolari;

 

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          d) il ruolo, la cartella di pagamento e l'estratto di ruolo;

          e) l'avviso di mora e l'intimazione di pagamento;

          f) il fermo amministrativo previsto dall'articolo 69 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e successive modificazioni, e quello previsto dall'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nonché tutti i preavvisi di fermo e di atti esecutivi;

          g) l'iscrizione di ipoteca giudiziale e il sequestro conservativo, applicabili alle sole sanzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, e mai ai tributi e agli interessi; l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;

          h) gli atti relativi a tutte le operazioni catastali e alle tariffe d'estimo, ai sensi dell'articolo 2, comma 4;

          i) il rifiuto, espresso o tacito, della restituzione o di sgravio di tributi, tasse, tariffe, canoni, contributi, sanzioni amministrative ed interessi od altri accessori non dovuti, compresi gli interessi anatocistici di cui all'articolo 1283 del codice civile, e la rivalutazione monetaria di cui all'articolo 1224, secondo comma, del medesimo codice civile, nonché le proposte degli uffici di compensazione di ogni tipo; le richieste di rimborso di cui alla presente lettera non possono mai essere riconosciute d'ufficio dal giudice tributario senza una specifica istanza di parte;

          l) il diniego, espresso o tacito, dell'istanza di autotutela, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 11 febbraio 1997, n. 37;

          m) il diniego o la revoca, espressi o taciti, di agevolazioni o il rigetto, espresso o tacito, di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; il rigetto, espresso o tacito, di tutte le istanze di

 

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interpello di ogni genere, comprese quelle di cui all'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e quelle di cui all'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni;

          n) il rigetto, espresso o tacito, dell'azione di puro accertamento negativo di cui all'articolo 2, comma 8;

          o) il pignoramento fiscale dei crediti verso terzi, ai sensi dell'articolo 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;

          p) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda tassativamente l'autonoma impugnabilità; ogni altro atto rientrante nell'oggetto delle controversie di cui all'articolo 2, comprese le fatture utilizzate per la riscossione della tariffa igiene ambientale disciplinata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.

      2. Gli atti espressi di cui al comma 1 devono, a pena di nullità, contenere l'esatta indicazione del termine perentorio entro il quale il ricorso deve essere proposto e del tribunale tributario competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell'articolo 20.
      3. Gli atti diversi da quelli tassativamente indicati nel comma 1 non sono impugnabili autonomamente.
      4. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili di cui al comma 1 può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo soltanto se il ricorrente intende trasferire la contestazione nel merito, impugnando specificamente anche l'atto presupposto insieme a quello consequenziale. In ogni caso è applicabile l'articolo 24, comma 2.
      5. In caso di diniego, espresso o tacito, dell'istanza di autotutela, i giudici possono decidere, nel merito, del rapporto tributario sottostante anche in base ad equità, con sentenza non appellabile, salvo il ricorso

 

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per cassazione, come previsto dall'articolo 50, comma 2.

Art. 20.
(Proposizione del ricorso).

      1. Il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 dell'articolo 16.
      2. La spedizione del ricorso a mezzo posta deve essere fatta in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. In tal caso, il ricorso si intende proposto al momento della spedizione; in difetto, il ricorso si intende proposto al momento della ricezione.
      3. È ammissibile la proposizione di un unico ricorso cumulativo avverso più atti, anche non connessi, come previsto dall'articolo 104, primo comma, del codice di procedura civile. È ammissibile il ricorso congiunto proposto da più soggetti avverso un medesimo atto impositivo o più atti impositivi tra loro intimamente connessi.

Art. 21.
(Termini per la proposizione del ricorso).

      1. Il ricorso deve essere proposto, a pena d'inammissibilità, entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato, salvo l'ipotesi di cui all'articolo 40, comma 4. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo. Si applica la sospensione feriale dei termini processuali, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e successive modificazioni.
      2. Il ricorso avverso il rifiuto tacito delle restituzioni e delle istanze di cui all'articolo 19, comma 1, lettere i), m) e n), può essere proposto, a pena d'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, dopo il novantesimo giorno dalla domanda di rimborso o dall'istanza presentata all'ufficio competente. La domanda di rimborso, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo tre anni dal pagamento

 

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ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
      3. Il ricorso avverso il rifiuto tacito dell'istanza di autotutela, di cui all'articolo 19, comma 1, lettera l), può essere proposto, a pena d'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, dopo il novantesimo giorno dalla richiesta di autotutela e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto ai sensi dell'articolo 2946 del codice civile.
      4. In ogni caso, la parte interessata che dimostra di essere incorsa in decadenze, amministrative o processuali, per causa ad essa non imputabile o per errore oggettivamente scusabile, può sempre chiedere al giudice tributario di essere rimessa in termini, anche per la proposizione dell'impugnazione di tutti gli atti indicati nell'articolo 19, comma 1. Il collegio decide con ordinanza motivata non impugnabile, assegnando un termine perentorio, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, per la proposizione del ricorso, pena l'estinzione del grado del processo.
      5. Gli uffici e gli enti devono sempre assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, per consentire una tempestiva e adeguata difesa.

Art. 22.
(Costituzione in giudizio del ricorrente).

      1. Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena di inammissibilità, deposita, con la relativa nota, nella segreteria del tribunale tributario adito o trasmette con la relativa nota di deposito a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l'originale del ricorso notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ricorso, con la certificazione della procura se esistente, consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o soltanto della ricevuta di spedizione

 

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per raccomandata a mezzo del servizio postale. L'eventuale inversione dello schema procedimentale di cui al presente comma integra un'ipotesi di mera irregolarità formale e non comporta l'inammissibilità dell'impugnazione.
      2. L'inammissibilità del ricorso, nei casi tassativamente previsti dalla legge, è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell'articolo 23.
      3. In caso di consegna o spedizione a mezzo del servizio postale la conformità dell'atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l'atto depositato nella segreteria non è conforme sostanzialmente a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma 2.
      4. Unitamente al ricorso e ai documenti previsti dal comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l'originale o la fotocopia dell'atto impugnato, se notificato, e i documenti che produce, in originale o fotocopia.
      5. Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l'esibizione degli originali degli atti e documenti di cui al presente articolo.
      6. La mancanza della nota di deposito, o la sua irregolare o incompleta compilazione, non determina l'inammissibilità del ricorso, in quanto la segreteria deve sempre ricevere lo stesso e tutti gli altri atti processuali.

Art. 23.
(Costituzione in giudizio della parte resistente).

      1. L'ufficio dell'agenzia fiscale, l'ente locale o regionale oppure l'ente previdenziale o l'agente della riscossione nei cui confronti è stato proposto il ricorso devono costituirsi in giudizio, con la relativa nota di deposito, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal giorno in cui il

 

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ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale. In caso di inosservanza del suddetto termine perentorio, il collegio dichiara la contumacia della parte resistente. La parte che è dichiarata contumace può costituirsi in ogni stato del processo e può proporre solo le eccezioni ammissibili in quel momento. È applicabile l'articolo 294 del codice di procedura civile e i relativi provvedimenti sono presi dal collegio giudicante.
      2. La costituzione della parte resistente è fatta mediante deposito presso la segreteria del proprio fascicolo contenente le controdeduzioni, con i relativi documenti in fotocopia offerti in comunicazione, in tante copie quante sono le parti in giudizio. La segreteria non deve accettare i fascicoli della parte resistente che siano mancanti dei relativi documenti in fotocopia anche per la controparte.
      3. Nelle controdeduzioni la parte resistente deve esporre le sue difese prendendo posizione, chiara e precisa, su tutti i motivi specifici dedotti dal ricorrente, senza mutare in corso di causa l'originario presupposto impositivo, e deve indicare e documentare le prove di cui intende valersi, proponendo altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio ed instando, se del caso, per la chiamata di terzi in causa. Se la parte resistente nella prima difesa utile non contesta espressamente un fatto affermato dalla controparte, ne ammette implicitamente la verità o quanto meno dimostra di non essere in grado di fornire la prova contraria, come stabilito dall'articolo 18, comma 3.
      4. La mancanza della nota di deposito, o la sua irregolare o incompleta compilazione, non determina l'inammissibilità delle controdeduzioni, in quanto la segreteria deve sempre ricevere le stesse e tutti gli altri atti processuali.
      5. Se la parte resistente si costituisce in giudizio in assenza della costituzione del ricorrente, ai sensi dell'articolo 22, la segreteria non deve formare alcun fascicolo processuale e deve immediatamente restituire tutti gli atti alla parte.
 

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Art. 24.
(Produzione di documenti e motivi integrativi).

      1. I documenti devono essere elencati con la relativa nota di deposito negli atti di parte cui sono allegati ovvero, se prodotti separatamente, in apposita nota sottoscritta da depositare in originale e in un numero di copie in carta semplice pari a quello delle altre parti, nei termini perentori di cui all'articolo 32.
      2. L'integrazione dei motivi specifici di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine del collegio giudicante, è ammessa entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l'interessato ha notizia ufficiale di tale deposito, con il ritiro degli atti di controparte.
      3. Se è stata già fissata la trattazione della causa, l'interessato, a pena d'inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, deve dichiarare, non oltre la trattazione in camera di consiglio o la discussione in pubblica udienza, che intende proporre motivi aggiunti. In tal caso, la trattazione o l'udienza devono essere rinviate ad altra data per consentire gli adempimenti di cui al comma 4.
      4. L'integrazione dei motivi si effettua, a pena d'inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, mediante atto avente i requisiti di cui all'articolo 18. Si applicano l'articolo 20, commi 1 e 2, l'articolo 22 e l'articolo 23, comma 3.

Art. 25.
(Iscrizione del ricorso nel registro generale. Fascicolo d'ufficio del processo e fascicoli di parte).

      1. La segreteria iscrive il ricorso nel registro generale e forma il fascicolo d'ufficio del processo, inserendovi i fascicoli del ricorrente e delle altre parti costituite,

 

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con gli atti e i documenti prodotti, nonché, successivamente, gli originali dei verbali di udienza, delle ordinanze e dei decreti e la copia delle sentenze.
      2. I fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d'ufficio e, a semplice richiesta, sono ad esse restituiti al termine di ogni grado del processo. Le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e d'ufficio, pagando le relative spese di cancelleria.
      3. La segreteria sottopone al presidente del tribunale tributario il fascicolo del processo appena formato.

Art. 26.
(Assegnazione del ricorso).

      1. Il presidente del tribunale tributario assegna immediatamente il ricorso ad una delle sezioni; al di fuori dei casi di cui all'articolo 29, comma 1, il presidente del tribunale tributario può assumere gli opportuni provvedimenti affinché, anche su specifica e motivata richiesta delle parti costituite, i ricorsi concernenti identiche questioni di diritto o di merito a carattere generale o ripetitivo siano assegnati alla medesima sezione per essere trattati congiuntamente, per evitare possibili contrasti giurisprudenziali.

Sezione II
ESAME PRELIMINARE DEL RICORSO

Art. 27.
(Necessario esame preliminare del ricorso).

      1. Il presidente della sezione, scaduti i termini perentori per la costituzione in giudizio delle parti, esamina preliminarmente il ricorso e ne dichiara l'inammissibilità nei casi espressamente previsti, se manifesta.
      2. Il presidente della sezione, ove ne sussistano i presupposti, dichiara inoltre la

 

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sospensione, l'interruzione e l'estinzione del processo.
      3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 hanno forma di decreto e sono soggetti a reclamo innanzi al collegio, ai sensi dell'articolo 28.

Art. 28.
(Reclamo contro i provvedimenti presidenziali).

      1. Contro i provvedimenti del presidente della sezione è ammesso reclamo da notificare alle altre parti nelle forme di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla loro comunicazione da parte della segreteria.
      2. Il reclamante, nel termine perentorio di quindici giorni dall'ultima notificazione, a pena d'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, effettua il deposito secondo quanto disposto dall'articolo 22, comma 1, osservato anche il comma 3 del medesimo articolo.
      3. Nei successivi quindici giorni dalla notifica le altre parti costituite possono presentare memorie difensive.
      4. Scaduti i termini perentori, il collegio decide immediatamente il reclamo in camera di consiglio.
      5. Il collegio pronuncia sentenza se dichiara l'inammissibilità del ricorso o l'estinzione del processo; negli altri casi, pronuncia ordinanza motivata non impugnabile nella quale sono dati i provvedimenti per la prosecuzione del processo.

Art. 29.
(Riunione obbligatoria dei ricorsi).

      1. In qualunque momento, il presidente della sezione, anche su istanza motivata delle parti, deve disporre con decreto la riunione dei ricorsi assegnati alla sezione da lui presieduta che hanno lo stesso oggetto o sono fra loro connessi.
      2. Se i processi pendono davanti a sezioni diverse il presidente del tribunale

 

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tributario, d'ufficio o su istanza motivata di parte o su segnalazione dei presidenti delle sezioni, deve determinare con decreto la sezione davanti alla quale i processi devono proseguire, riservando a tale sezione di provvedere ai sensi del comma 1.
      3. Il collegio, d'ufficio o su istanza motivata di parte, deve riunire i ricorsi che hanno lo stesso oggetto o sono fra loro connessi se pendono presso la stessa sezione; se pendono presso altre sezioni, d'ufficio o su istanza motivata di parte, deve rimettere gli atti al presidente del tribunale tributario per i provvedimenti di cui al comma 2.

Sezione III
TRATTAZIONE DELLA CONTROVERSIA

Art. 30.
(Nomina del relatore e fissazione della data di trattazione).

      1. Se non ritiene di adottare preliminarmente i provvedimenti di cui all'articolo 27, il presidente della sezione, scaduto in ogni caso il termine perentorio per la costituzione delle parti, fissa la trattazione della causa, secondo quanto previsto dagli articoli 33 e 34, e nomina il relatore.
      2. Almeno un'udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è riservata alla trattazione di cause per le quali l'ammontare dei singoli tributi accertati, dei relativi interessi e delle conseguenti sanzioni amministrative non è inferiore ad euro 51.645,69. Un'altra udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è comunque riservata alla trattazione di cause nei confronti di società con personalità giuridica, nonché di cause inerenti l'applicazione dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.

 

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Art. 31.
(Avviso di trattazione della causa).

      1. La segreteria dà comunicazione alle sole parti costituite della data di trattazione almeno sessanta giorni liberi prima.
      2. Uguale avviso a quello previsto dal comma 1 deve essere dato quando la trattazione è stata rinviata dal presidente in caso di giustificato impedimento del relatore, che non può essere sostituito, o di alcuna delle parti o dell'avvocato difensore o per motivate esigenze di servizio.
      3. Il tetto massimo di fascicoli da porre in udienza è fissato nel numero di venti, comprese le udienze per le sospensive di cui all'articolo 47.

Art. 32.
(Deposito di documenti e di memorie illustrative).

      1. Le parti costituite possono depositare documenti fino al termine perentorio di venti giorni liberi prima della data di trattazione, in conformità a quanto disposto dall'articolo 24, comma 1.
      2. Fino al termine perentorio di dieci giorni liberi prima della data di cui al comma 1 ciascuna delle parti costituite può depositare memorie illustrative con le copie per le altre parti costituite.
      3. Nel solo caso di trattazione della causa in camera di consiglio sono consentite brevi repliche scritte fino al termine perentorio di cinque giorni liberi prima della data della camera di consiglio.

Art. 33.
(Trattazione in camera di consiglio).

      1. La causa è trattata in camera di consiglio salvo che almeno una delle parti costituite non abbia chiesto la discussione in pubblica udienza, con apposita istanza, anche inserita nel ricorso o nell'atto di costituzione, da depositare nella segreteria

 

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e da notificare alle altre parti costituite entro il termine perentorio di cui all'articolo 32, comma 2. L'istanza è valida se viene spedita entro il citato termine.
      2. Il relatore espone al collegio, senza la presenza delle parti, i fatti e le questioni, di diritto e di merito, della causa.
      3. Della trattazione in camera di consiglio è redatto processo verbale dal segretario.

Art. 34.
(Discussione facoltativa in udienza pubblica).

      1. All'udienza pubblica il relatore deve esporre, in maniera chiara e completa, al collegio i fatti e le questioni di diritto e di merito della causa e, quindi, il presidente ammette le parti presenti alla discussione.
      2. Deve parlare per primo l'ufficio dell'agenzia fiscale, l'ente previdenziale, l'ente locale o regionale oppure l'agente della riscossione. Sono ammesse brevi repliche.
      3. Dell'udienza è redatto processo verbale dal segretario.
      4. Il collegio può disporre il differimento della discussione a udienza fissa, su istanza della parte interessata o del suo difensore, quando la sua difesa tempestiva, scritta od orale, è resa particolarmente difficile a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti. Si applica l'articolo 31, comma 2, salvo che il differimento sia disposto in udienza con la presenza di tutte le parti costituite e le stesse siano d'accordo.

Art. 35.
(Deliberazioni del collegio giudicante).

      1. Il collegio giudicante delibera la sentenza in segreto in camera di consiglio.
      2. Quando ne ricorrono i motivi la deliberazione in camera di consiglio può essere rinviata non oltre il termine di trenta giorni.

 

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      3. Alle deliberazioni del collegio si applicano le disposizioni di cui agli articoli 276 e seguenti del codice di procedura civile.
      4. Sono ammesse le sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande.
      5. Per le sentenze pronunciate secondo equità si applicano le disposizioni di cui agli articoli 19, comma 5, 36, comma 1, e 50, comma 2.

Sezione IV
DECISIONE DELLA CAUSA

Art. 36.
(Contenuto e motivazione specifica della sentenza).

      1. Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto. Il giudice, sia in primo grado che in appello, anche d'ufficio, può decidere il merito della causa secondo equità. In ogni caso, il giudice deve porre a fondamento della sentenza soltanto le prove proposte dalle parti costituite nonché i fatti non specificamente contestati, come stabilito dagli articoli 18, comma 3, e 23, comma 3. Per fatto notorio deve intendersi soltanto il fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile; tra le nozioni di comune esperienza non rientrano le acquisizioni specifiche di natura tecnica e quegli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati, come la determinazione del valore corrente degli immobili.
      2. Ai sensi dell'articolo 654 del codice di procedura penale, l'efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario. In ogni caso, quando uno stesso fatto è punito ai sensi del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e successive modificazioni, e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ai fini dell'articolo 19 del citato decreto legislativo n. 74 del 2000, si applica soltanto

 

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la disposizione penale in quanto speciale.
      3. Il giudice tributario è vincolato al giudicato esterno quando le statuizioni della sentenza passata in giudicato sono relative a qualificazioni giuridiche o ad altri eventuali elementi preliminari rispetto ai quali può dirsi sussistere un interesse protetto avente il carattere della durevolezza nel tempo, anche se riguardano anni e tributi diversi. Si applica l'articolo 63, comma 3.
      4. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano ed è intestata alla Repubblica italiana.
      5. La sentenza deve contenere, a pena di nullità:

          a) l'indicazione della composizione del collegio, delle parti costituite e dei loro difensori se vi sono;

          b) la concisa esposizione dello svolgimento del processo;

          c) le richieste specifiche delle parti costituite;

          d) la succinta esposizione dei motivi in diritto e in fatto, senza che il giudice possa limitarsi a un mero rinvio alla motivazione di altra sentenza, anche se connessa;

          e) il dispositivo.

      6. La sentenza, inoltre, deve contenere, a pena di nullità, la data della deliberazione ed è sottoscritta dal presidente e dall'estensore. Si applica l'articolo 132, terzo comma, del codice di procedura civile.
      7. Il contrasto tra la formulazione letterale del dispositivo e la pronuncia adottata in motivazione integra un semplice errore materiale emendabile ai sensi dell'articolo 287 del codice di procedura civile.
      8. Il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni, deve essere risolto dal giudice tributario

 

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nel senso più conforme ai princìpi statutari.
      9. Il giudice tributario non incorre nel vizio di ultrapetizione, di cui all'articolo 112 del codice di procedura civile, qualora, senza mutare l'oggetto della domanda, proceda alla riqualificazione giuridica della fattispecie.

Art. 37.
(Pubblicazione e comunicazione della sentenza).

      1. La sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria entro il termine di trenta giorni dalla data della deliberazione. Il segretario fa risultare l'avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e la data.
      2. Il dispositivo della sentenza è comunicato alle parti costituite entro cinque giorni dal deposito di cui al comma 1.
      3. La comunicazione di cui al comma 2 può essere effettuata anche a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tale fine, l'avvocato difensore può indicare nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l'avviso.

Art. 38.
(Richiesta di copie e notificazione della sentenza).

      1. Ciascuna parte può richiedere alla segreteria copie autentiche della sentenza e la segreteria è tenuta a rilasciarle entro tre giorni dalla richiesta, previa corresponsione delle spese.
      2. Le parti hanno l'onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti, a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, oltre la sospensione feriale dei termini

 

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processuali, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e successive modificazioni, depositando, nei successivi trenta giorni, l'originale o copia autentica dell'originale notificato nella segreteria che ne rilascia ricevuta e l'inserisce nel fascicolo d'ufficio.
      3. Se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza si applica l'articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile. Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza.

Sezione V
SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO

Art. 39.
(Sospensione necessaria del processo).

      1. Il processo deve essere sospeso quando tassativamente:

          a) si verifica l'ipotesi di cui all'articolo 295 del codice di procedura civile, anche se riferita a questioni comunitarie, nonché l'ipotesi di cui all'articolo 5, comma 7;

          b) è presentata querela di falso, se necessaria per la prosecuzione del processo;

          c) deve essere decisa, in via pregiudiziale, una questione sullo stato o sulla capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio;

          d) è proposto il regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'articolo 3, comma 2.

      2. In ogni caso, il processo tributario non può essere sospeso per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione,

 

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ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
      3. L'istanza di sospensione del giudizio, in attesa della definizione di altra controversia, è inammissibile se proposta per la prima volta presso la Corte di cassazione, ai sensi dell'articolo 63.
      4. Gli atti del processo, durante la sospensione, non possono essere compiuti. Gli atti eventualmente compiuti, compresa la sentenza, sono nulli. Le nullità devono essere fatte valere in sede di impugnazione.

Art. 40.
(Interruzione del processo).

      1. Il processo deve essere interrotto se, dopo la proposizione del ricorso, si verifica:

          a) il venir meno, per morte o altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti costituite o del suo legale rappresentante o la cessazione di tale rappresentanza, diversa dall'ufficio dell'agenzia fiscale o dell'ente previdenziale oppure dell'ente locale o regionale o dell'agente della riscossione;

          b) la morte, la radiazione, la sospensione o la cancellazione volontaria dall'Ordine dell'avvocato difensore.

      2. L'interruzione si ha al momento dell'evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi di cui al comma 1, lettera b). In ogni caso, l'interruzione si ha al momento in cui l'evento è dichiarato o in pubblica udienza o per iscritto con apposita comunicazione del difensore della parte cui l'evento si riferisce.
      3. Se uno degli eventi di cui al comma 1 si avvera dopo l'ultimo giorno per il deposito di memorie in caso di trattazione della causa in camera di consiglio o dopo la chiusura della discussione in pubblica udienza, esso non produce effetto a meno che non sia pronunciata sentenza e il processo prosegua davanti al giudice adito.
      4. Se uno degli eventi di cui al comma 1, lettera a), si verifica durante il termine

 

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per la proposizione del ricorso, il termine è prorogato di sei mesi a decorrere dalla data dell'evento. Si applica a tali termini la sospensione feriale prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e successive modificazioni.
      5. Gli eventi di cui al comma 1 sono irrilevanti nel caso si verifichino durante il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione.
      6. Gli atti del processo, durante il periodo di interruzione, non possono essere compiuti. Gli atti eventualmente compiuti, compresa la sentenza, sono nulli. Le nullità devono essere fatte valere in sede di impugnazione.

Art. 41.
(Provvedimenti sulla sospensione necessaria e sull'interruzione del processo).

      1. La sospensione del processo è disposta e l'interruzione è dichiarata dal presidente della sezione o dal collegio giudicante con ordinanza motivata non impugnabile.
      2. Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 28.

Art. 42.
(Effetti della sospensione necessaria e dell'interruzione del processo).

      1. I termini in corso sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla presentazione dell'istanza di cui all'articolo 43. In ogni caso, il contribuente può proporre l'istanza di sospensione di cui all'articolo 47, ma non trova applicazione la disposizione di cui al comma 7 del medesimo articolo 47.

Art. 43.
(Ripresa del processo sospeso o interrotto).

      1. Dopo che è cessata la causa che ne ha determinato la sospensione il processo continua se entro sei mesi da tale data

 

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viene presentata da una delle parti interessate istanza di trattazione al presidente di sezione, che provvede a norma dell'articolo 30.
      2. Se entro sei mesi da quando è stata dichiarata l'interruzione del processo la parte colpita dall'evento o i suoi successori o qualsiasi altra parte interessata presentano istanza di trattazione al presidente di sezione, quest'ultimo provvede a norma del comma 1.
      3. La comunicazione di cui all'articolo 31, oltre che alle altre parti costituite nei luoghi indicati dall'articolo 17, deve essere fatta alla parte colpita dall'evento o ai suoi successori personalmente. Entro un anno dalla morte di una delle parti la comunicazione può essere effettuata agli eredi collettivamente o impersonalmente nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza dichiarata dal defunto risultante dagli atti del processo. La comunicazione collettiva effettuata oltre l'anno dalla morte è da considerare inesistente per difetto di indicazione del destinatario e non è sanabile con la costituzione dell'erede. La parte colpita dall'evento o i suoi successori possono costituirsi anche solo presentando documenti o memorie difensivi o partecipando alla discussione assistiti, nei casi previsti, da un avvocato.

Art. 44.
(Estinzione del processo per rinuncia scritta al ricorso).

      1. Il processo si estingue per rinuncia scritta al ricorso.
      2. Il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti costituite, salvo diverso accordo fra loro. La liquidazione è fatta dal presidente di sezione o dal collegio con ordinanza motivata non impugnabile, che costituisce titolo esecutivo.
      3. La rinuncia non produce effetto se non è accettata dalle parti interessate costituite e dai loro difensori che abbiano effettivo interesse alla prosecuzione del processo.

 

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      4. La rinuncia e l'accettazione, ove necessarie, sono sottoscritte dalle parti personalmente o da loro procuratori speciali, nonché, se vi sono, dai rispettivi avvocati difensori e sono depositate nella segreteria.
      5. Il presidente della sezione o il collegio, se la rinuncia e l'accettazione, ove necessarie, sono regolari, dichiara l'estinzione del processo. Si applica il comma 5 dell'articolo 45.

Art. 45.
(Estinzione del processo per inattività delle parti).

      1. Il processo si estingue, soltanto nel grado in cui si trova, nei casi in cui le parti alle quali spetta proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi hanno provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che dalla legge è autorizzato a fissarlo.
      2. Le spese del processo estinto a norma del comma 1 restano a carico delle parti che le hanno anticipate.
      3. L'estinzione del processo per inattività delle parti è rilevata, anche d'ufficio, solo nel grado del giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti.
      4. L'estinzione è dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dal collegio con sentenza. Avverso il decreto del presidente della sezione è ammesso reclamo al collegio, che provvede a norma dell'articolo 28.
      5. L'estinzione del processo non determina anche l'estinzione della relativa azione, ai sensi dell'articolo 310, primo comma, del codice di procedura civile, sempre nel rispetto dei termini di decadenza previsti dalle singole leggi d'imposta.

Art. 46.
(Estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere).

      1. Il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze

 

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tributarie previsti tassativamente dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere quando tutte le parti costituite sono d'accordo.
      2. La cessazione della materia del contendere è dichiarata, salvo quanto diversamente disposto da singole disposizioni di legge, con decreto del presidente della sezione o con sentenza del collegio giudicante. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell'articolo 28.
      3. Le spese del giudizio estinto a norma del comma 1 restano a carico della parte che le ha anticipate soltanto nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti tassativamente dalla legge.

Capo II
DEI PROCEDIMENTI CAUTELARE E CONCILIATIVO

Art. 47
(Sospensione dell'atto impugnato. Appello in caso di rigetto della sospensione).

      1. Il ricorrente, se dall'atto impugnato positivo o negativo, espresso o tacito, può derivargli un danno grave, può chiedere al giudice tributario competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositata in segreteria, a condizione che siano osservate le disposizioni di cui all'articolo 22.
      2. La sospensione può riguardare tutti gli atti di cui all'articolo 19 per evitare le iscrizioni provvisorie o la riscossione o la garanzia delle somme contestate, anche in assenza di cartelle esattoriali o avvisi di mora o richieste di pagamento.
      3. Il presidente della sezione fissa con decreto la trattazione dell'istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.
      4. In caso di eccezionale urgenza il presidente della sezione, previa sommaria

 

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delibazione del merito, con lo stesso decreto, può motivatamente disporre la provvisoria sospensione dell'esecuzione fino alla pronuncia del collegio.
      5. Il collegio, sentite in camera di consiglio le parti costituite e delibato sommariamente il merito, decide con ordinanza motivata impugnabile, da comunicare sempre alle parti costituite.
      6. La sospensione, in caso di comprovato pericolo per la riscossione, può anche essere parziale o subordinata alla prestazione di idonea garanzia, mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa, nei modi e nei termini indicati dal provvedimento. In caso di sospensione del rifiuto, espresso o tacito, dell'istanza di rimborso, è sempre obbligatoria la prestazione di idonea garanzia, come indicato nel periodo precedente.
      7. Nei casi di sospensione dell'atto impugnato la trattazione della causa deve essere fissata non oltre sei mesi dal giorno della pronuncia.
      8. Gli effetti della sospensione sono immediatamente esecutivi e cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, salvo le ipotesi di sospensione dell'esecuzione della sentenza di cui all'articolo 61. In particolare, in caso di accoglimento della sospensione in tema di garanzie, ipoteche e fermi amministrativi, le stesse devono essere immediatamente cancellate, a cura e spese dell'agente della riscossione, e il collegio può disporre ai sensi del comma 6.
      9. In caso di mutamento delle circostanze, il collegio, su istanza motivata di parte, può in qualunque momento revocare o modificare, in tutto o in parte, il precedente provvedimento cautelare prima della sentenza, osservate per quanto possibile le forme di cui ai commi 1, 3 e 5.
      10. Avverso l'ordinanza motivata di accoglimento o di rigetto, totale o parziale, dell'istanza di sospensione, la parte interessata può proporre appello entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 5. Per le impugnazioni si applicano le disposizioni di cui agli articoli 49 e seguenti.
 

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Art. 48.
(Conciliazione giudiziale in primo e in secondo grado).

      1. Ciascuna delle parti costituite può proporre all'altra parte la conciliazione, totale o parziale, della causa.
      2. La conciliazione può aver luogo non oltre la prima udienza utile di merito, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d'ufficio anche dai giudici tributari.
      3. Se la conciliazione ha luogo è redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate precisamente e definitivamente le somme dovute a titolo d'imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un'unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano euro 51.645,69, previa prestazione di idonea garanzia mediante polizza fideiussoria, bancaria o assicurativa. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di trenta giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell'intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull'importo delle rate successive, comprensivo degli interessi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa rata e per il periodo di rateazione di tale importo. Per le modalità di versamento si applica l'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 592. Le predette modalità possono essere modificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, fermo restando quanto disposto dall'articolo 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
      4. In caso di mancato pagamento, anche della prima o di una sola delle rate successive, se il garante non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente

 

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l'esatta indicazione delle somme precisamente e definitivamente dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il competente ufficio dell'agenzia fiscale o dell'ente locale o regionale o dell'ente previdenziale provvede all'immediata iscrizione a ruolo delle sole predette somme, precisamente e definitivamente conciliate, a carico del contribuente e dello stesso garante.
      5. Qualora una delle parti costituite abbia proposto la conciliazione e la stessa non abbia luogo nel corso della prima udienza utile di merito, il giudice può assegnare un termine non superiore a novanta giorni per la formazione di una proposta, ai sensi del comma 6.
      6. L'ufficio o l'ente impositore può, sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla discussione in pubblica udienza, depositare una proposta di conciliazione alla quale l'altra parte ha previamente aderito. Se l'istanza è presentata prima della fissazione della data di trattazione, il presidente della sezione, se ravvisa la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità, dichiara con decreto l'estinzione del giudizio. La proposta di conciliazione e il decreto tengono luogo del processo verbale di cui al comma 3. Il decreto è comunicato alle parti costituite e il versamento dell'intero importo o della prima rata deve essere effettuato entro trenta giorni dalla data della comunicazione. Nell'ipotesi in cui la conciliazione non sia ritenuta ammissibile, il presidente della sezione fissa la trattazione della causa. Il provvedimento del presidente della sezione è depositato in segreteria entro dieci giorni dalla data di presentazione della proposta.

      7. In caso di avvenuta conciliazione, le sanzioni amministrative si applicano nella misura di un terzo, se la conciliazione avviene in primo grado, e nella misura del 50 per cento, se la conciliazione avviene in grado d'appello, delle somme irrogabili in rapporto all'ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima. In ogni caso, la misura delle sanzioni non può essere inferiore a un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi
 

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relative a ciascun tributo. La conciliazione giudiziale non è ammessa nei giudizi per cassazione.
      8. Il verbale di conciliazione giudiziale, per quanto redatto con l'intervento del giudice a definizione di una controversia pendente tra le parti, ha natura negoziale, in quanto la conciliazione è frutto dell'incontro delle volontà delle parti, e l'interpretazione del contenuto di detto verbale postula sempre un'indagine sulla volontà delle parti stesse e si risolve in un accertamento di fatto.
      9. La conciliazione giudiziale di cui al presente articolo determina sempre l'immediata estinzione del giudizio indipendentemente dal pagamento delle somme conciliate, parziale o integrale, che l'ufficio può richiedere con l'iscrizione a ruolo, oltre gli interessi e la sanzione amministrativa del 30 per cento.
      10. La conciliazione giudiziale può essere corretta solo per errori di calcolo, ai sensi dell'articolo 1430 del codice civile.

Capo III
DELLE IMPUGNAZIONI

Sezione I
IMPUGNAZIONI IN GENERALE

Art. 49.
(Disposizioni generali applicabili).

      1. Alle impugnazioni delle sentenze e delle ordinanze di cui all'articolo 47 dei tribunali tributari si applicano tutte le disposizioni del titolo III, capo I, del libro secondo del codice di procedura civile, fatto salvo quanto disposto dalla presente legge.
      2. Per la proposizione delle impugnazioni non sono applicabili gli articoli 184-bis e 294 del codice di procedura civile.

 

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Art. 50.
(Mezzi d'impugnazione).

      1. I mezzi tassativi per impugnare le sentenze dei tribunali tributari sono l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione, salvo quanto disposto dall'articolo 47, comma 10.
      2. Le sentenze pronunciate secondo equità, ai sensi degli articoli 19, comma 5, e 36, comma 1, non sono appellabili e il ricorso per cassazione può essere proposto solo per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile.
      3. All'acquiescenza tacita non deve essere ricondotto il caso in cui il contribuente effettua, spontaneamente o coattivamente, un pagamento.

Art. 51.
(Termini perentori d'impugnazione).

      1. Se la legge non dispone diversamente, il termine perentorio per impugnare la sentenza del tribunale tributario è di sessanta giorni, decorrente dalla sua notificazione ad istanza di parte, salvo quanto disposto dall'articolo 38, comma 3, della presente legge, oltre la sospensione feriale dei termini processuali, prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e successive modificazioni.
      2. Qualora la sovrapposizione del termine breve a quello lungo avvenga in prossimità della scadenza di quello annuale di decadenza, il termine ultimo per l'impugnazione rimane comunque quello annuale anche se il termine breve scade in un momento successivo.
      3. Nel caso di revocazione per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell'articolo 395 del codice di procedura civile, il termine perentorio di sessanta giorni decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o sono state dichiarate false le prove o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza che accerta il dolo del giudice.

 

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Sezione II
GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA CORTE D'APPELLO TRIBUTARIA

Art. 52.
(Giudice competente e legittimazione ad appellare).

      1. La sentenza del tribunale tributario, anche parziale, può essere appellata dalla parte interessata alla corte d'appello tributaria, o sezione staccata, competente per territorio, a norma dell'articolo 4, comma 3.
      2. È ammissibile l'impugnazione, con un unico atto di appello, di più pronunce relative a distinti procedimenti, allorché queste siano state rese tra le stesse parti e abbiano trattato identiche questioni.

Art. 53.
(Forma vincolata dell'appello).

      1. L'atto d'appello deve contenere:

          a) l'indicazione esatta della corte d'appello tributaria cui è diretto;

          b) l'indicazione dell'appellante e delle altre parti interessate nei cui confronti è proposto;

          c) gli estremi precisi della sentenza impugnata o dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione pronunciata in primo grado, ai sensi dell'articolo 47, comma 10;

          d) l'esposizione sommaria dei fatti;

          e) l'oggetto preciso della domanda;

          f) i motivi specifici dell'impugnazione riferiti soltanto alla sentenza contestata o all'ordinanza di cui alla lettera c).

      2. L'atto d'appello è dichiarato inammissibile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, se manca o è assolutamente incerto uno degli elementi tassativamente

 

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indicati dal comma 1 del presente articolo o se non è sottoscritto a norma dell'articolo 18, comma 4. Per l'ufficio la sottoscrizione deve essere eseguita dal direttore.
      3. L'atto d'appello è proposto nelle forme di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti costituite, che hanno partecipato al giudizio di primo grado, e deve essere depositato a norma dell'articolo 22, commi 1, 2 e 3. Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l'appellante deve, a pena d'inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, depositare, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla proposizione dell'appello, copia dell'atto d'appello stesso presso l'ufficio di segreteria del tribunale tributario che ha pronunciato la sentenza o l'ordinanza impugnate.
      4. Subito dopo il deposito dell'atto di appello, la segreteria della corte d'appello tributaria richiede alla segreteria del tribunale tributario la trasmissione del fascicolo del processo, che deve contenere la copia autentica della sentenza o dell'ordinanza; la suddetta trasmissione deve essere eseguita entro cinque giorni dalla richiesta.

Art. 54.
(Controdeduzioni dell'appellato e appello incidentale).

      1. Le parti diverse dall'appellante devono costituirsi nei modi e nei termini perentori di cui all'articolo 23, depositando apposito atto di controdeduzioni.
      2. Nello stesso atto depositato nei modi e nei termini perentori di cui al comma 1 può essere proposto, a pena d'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, appello incidentale, anche tardivo, in caso di soccombenza parziale.
      3. Qualora una o più domande della parte non siano state accolte in una sentenza che, nel suo complesso, dia ragione totalmente alla stessa parte, non sussiste interesse ad impugnare e, per far valere

 

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eventualmente le domande non accolte, queste ultime devono essere riproposte nel giudizio di impugnazione eventualmente instaurato dalla controparte.

Art. 55.
(Provvedimenti presidenziali).

      1. Il presidente e i presidenti di sezione della corte d'appello tributaria hanno poteri corrispondenti a quelli del presidente e dei presidenti di sezione del tribunale tributario.

Art. 56
(Questioni ed eccezioni non riproposte).

      1. Le questioni e le eccezioni non accolte nella sentenza e nell'ordinanza del tribunale tributario, che non sono specificamente riproposte in appello, s'intendono rinunciate.

Art. 57
(Domande ed eccezioni nuove).

      1. Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove, salvo la diversa qualificazione giuridica, e, se proposte, devono essere dichiarate inammissibili, anche d'ufficio. Possono, tuttavia, essere chiesti gli interessi moratori maturati dopo la sentenza impugnata.
      2. Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d'ufficio. Si applica l'articolo 6, comma 4.
      3. Non possono essere chiesti per la prima volta in appello la rivalutazione monetaria ai sensi dell'articolo 1224, secondo comma, del codice civile e gli interessi anatocistici di cui all'articolo 1283 del medesimo codice civile e gli stessi non possono essere riconosciuti d'ufficio dal giudice tributario, in conformità a quanto disposto dall'articolo 19, comma 1, lettera i), della presente legge.

 

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Art. 58.
(Nuove prove e nuovi documenti in appello).

      1. Il giudice d'appello non può disporre nuove prove, oltre quelle di cui all'articolo 7, salvo che non le ritenga assolutamente necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile.
      2. È fatta salva la facoltà delle parti costituite di produrre nuovi documenti o di richiedere la nomina di un consulente tecnico d'ufficio. Si osservano le condizioni di cui all'articolo 7, comma 3, per la nomina del consulente tecnico d'ufficio.
      3. La produzione di nuovi documenti deve avvenire nei termini perentori di cui all'articolo 32, commi 1 e 2, e non occorre che la parte dimostri di non averli potuti produrre nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile.

Art. 59.
(Norme applicabili).

      1. Nel procedimento d'appello si osservano tutte le norme dettate per il procedimento di primo grado, compresi gli articoli 47 e 48, salvo quanto disposto nel comma 2 del presente articolo e negli articoli 60 e seguenti.
      2. Nel giudizio d'appello relativo alle istanze di sospensione in primo grado il collegio provvede con ordinanza motivata non impugnabile. Dopo la decisione gli atti devono essere trasmessi senza indugio al giudice di primo grado, che deve provvedere per la fissazione dell'udienza.

Art. 60.
(Non riproponibilità dell'appello dichiarato inammissibile).

      1. L'appello dichiarato inammissibile non può essere riproposto anche se non è decorso il termine stabilito dalla legge.

 

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Art. 61.
(Sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado).

      1. L'appellante, nell'atto d'appello o con separata istanza, può chiedere alla corte d'appello tributaria la sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado, anche per quanto riguarda le spese del giudizio, ai sensi dell'articolo 15, comma 1. È applicabile l'articolo 283 del codice di procedura civile.
      2. Si applicano le condizioni, la procedura e i termini di cui all'articolo 47, salvo quanto disposto dal comma 3 del presente articolo.
      3. Il giudice d'appello, con ordinanza motivata non impugnabile, può disporre che l'esecuzione della sentenza sia sospesa, eventualmente con la prestazione di fideiussione bancaria o assicurativa, in caso di comprovato pericolo per la riscossione.
      4. In caso di accoglimento della richiesta di sospensione, l'ufficio dell'agenzia fiscale, l'ente previdenziale, l'ente locale o regionale, o l'agente della riscossione non deve iscrivere a ruolo, neppure a titolo provvisorio, o richiedere alcuna somma o garanzia.
      5. Gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza d'appello, ai sensi degli articoli 37 e 59.

Art. 62.
(Rimessione obbligatoria al tribunale tributario).

      1. La corte d'appello tributaria deve rimettere la causa al tribunale tributario, che ha emesso la sentenza impugnata, nei seguenti casi tassativi:

          a) quando dichiara la competenza declinata o la giurisdizione negata dal primo giudice;

          b) quando riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato o

 

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è stata erroneamente dichiarata la contumacia, ai sensi dell'articolo 23, comma 1;

          c) quando riconosce che la sentenza impugnata, erroneamente giudicando, ha dichiarato estinto il processo in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale;

          d) quando riconosce che il collegio del tribunale tributario non era legittimamente composto, tenendo altresì conto delle ipotesi di ricusazione di cui all'articolo 6;

          e) quando manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice di primo grado, ai sensi dell'articolo 36, comma 6;

          f) quando si verifica l'ipotesi di cui all'articolo 11, comma 6.

      2. Al di fuori dei casi tassativi previsti dal comma 1, la corte d'appello tributaria decide nel merito previamente ordinando, ove occorra, la rinnovazione di atti nulli compiuti in primo grado.
      3. Dopo che la sentenza di rimessione della causa al primo grado è formalmente passata in giudicato, la segreteria della corte d'appello tributaria, nei successivi trenta giorni, deve trasmettere d'ufficio il fascicolo del processo alla segreteria del tribunale tributario, senza necessità di riassunzione ad istanza di parte.

Sezione III
RICORSO PER CASSAZIONE

Art. 63.
(Norme applicabili).

      1. Avverso la sentenza della corte d'appello tributaria può essere proposto ricorso per cassazione per i tassativi motivi di cui ai numeri da 1) a 5) del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile, che devono essere specifici, completi e riferibili alla sentenza impugnata.

 

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      2. Al ricorso per cassazione e al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile, in quanto compatibili con quelle della presente legge. Si applica l'articolo 39, comma 3.
      3. Il giudicato esterno di cui all'articolo 36, comma 3, può essere rilevato d'ufficio e anche per la prima volta nel giudizio di legittimità, purché la parte che lo invoca produca copia autentica della sentenza, recante attestazione del passaggio in giudicato, anche in relazione ad altro anno d'imposta o ad altro tributo.
      4. Per la sospensione dell'esecuzione della sentenza d'appello è applicabile l'articolo 373 del codice di procedura civile.

Art. 64.
(Giudizio di rinvio).

      1. Quando la Corte di cassazione rinvia la causa al tribunale tributario o alla corte d'appello tributaria la riassunzione deve essere fatta nei confronti di tutte le parti personalmente entro il termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della sentenza, nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado, in quanto applicabili.
      2. Se la riassunzione non avviene entro il termine perentorio di cui al comma 1 o si avvera successivamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, il processo si estingue nel grado in cui si trova e si tiene conto soltanto della sentenza impugnata.
      3. In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice cui il processo è stato rinviato. In ogni caso, a pena d'inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, deve essere prodotta copia autentica della sentenza della Corte di cassazione.
      4. Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel processo in cui è stata pronunciata la sentenza cassata e non possono formulare richieste ed eccezioni diverse da quelle

 

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prese in tale procedimento, salvi gli adeguamenti imposti dalla sentenza della Corte di cassazione.
      5. Subito dopo il deposito dell'atto di riassunzione, la segreteria adita, senza indugio, deve richiedere alla cancelleria della Corte di cassazione la trasmissione del fascicolo del processo.

Sezione IV
REVOCAZIONE

Art. 65.
(Sentenze revocabili e motivi tassativi di revocazione).

      1. Avverso le sentenze che involgono soltanto accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione, ai sensi dell'articolo 395 del codice di procedura civile.
      2. Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell'articolo 395 del codice di procedura civile purché la scoperta del dolo o della falsità dichiarata o il recupero del documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al citato numero 6) dell'articolo 395 del codice di procedura civile siano posteriori alla scadenza del termine suddetto.
      3. Se i fatti menzionati nel comma 2 avvengono durante il termine per l'appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i sessanta giorni da esso, sempre tenendo conto della sospensione feriale dei termini processuali prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e successive modificazioni.

Art. 66.
(Proposizione dell'impugnazione).

      1. Competente per la revocazione è lo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

 

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      2. A pena d'inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio, il ricorso deve contenere:

          a) gli elementi previsti dall'articolo 53, comma 1;

          b) la specifica indicazione del motivo di revocazione e della prova dei fatti di cui ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell'articolo 395 del codice di procedura civile;

          c) l'indicazione del giorno preciso della scoperta o della falsità dichiarata o del recupero del documento.

      3. La prova della sentenza passata in giudicato, che accerta il dolo del giudice, deve essere data mediante la sua produzione in copia autenticata.
      4. Il ricorso per revocazione è proposto e depositato a norma dell'articolo 53, comma 3.

Art. 67.
(Procedimento).

      1. Davanti al giudice adito per la revocazione si osservano tassativamente le norme stabilite per il processo davanti ad esso, in quanto non derogate da quelle della presente sezione.

Art. 68.
(Decisione).

      1. Ove ricorrano i motivi tassativi di cui all'articolo 395 del codice di procedura civile, il giudice tributario decide il merito della causa e detta ogni altro provvedimento consequenziale.
      2. Avverso la sentenza che decide il giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi d'impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

 

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Capo IV
DELL'ESECUZIONE DELLE SENTENZE DEI GIUDICI TRIBUTARI

Art. 69.
(Pagamento provvisorio e definitivo del tributo in pendenza del processo).

      1. Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d'imposta, nei casi tassativi in cui è stabilita la riscossione frazionata del tributo, oggetto del giudizio, il tributo stesso, con i relativi interessi previsti dalle leggi d'imposta, deve essere pagato:

          a) per i due terzi, dopo la sentenza del tribunale tributario che respinge, in tutto o in parte, il ricorso;

          b) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della corte d'appello tributaria.

      2. Le sanzioni amministrative devono essere iscritte a ruolo solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nella misura dalla stessa determinata.
      3. Per le ipotesi indicate nel comma 1 gli importi da versare devono essere, in ogni caso, diminuiti di quanto già corrisposto.
      4. Se il ricorso è accolto, in tutto o in parte, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali e previdenziali, deve essere rimborsato d'ufficio entro il termine perentorio di novanta giorni dalla pubblicazione della sentenza stessa. Trascorso inutilmente il suddetto termine, il ricorrente ha la facoltà di utilizzare la somma dovuta in compensazione dei futuri versamenti fiscali e previdenziali, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
      5. Le imposte suppletive devono sempre essere corrisposte dopo l'ultima sentenza non impugnata o impugnabile solo con ricorso per cassazione.

 

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Art. 70.
(Condanna degli uffici al rimborso immediato o al risarcimento).

      1. Se il giudice condanna l'ufficio dell'agenzia fiscale, l'ente locale o regionale, l'agente della riscossione o l'ente previdenziale al pagamento di somme, comprese le spese di giudizio liquidate ai sensi dell'articolo 15 della presente legge, la segreteria ne rilascia copia spedita in forma esecutiva, a norma dell'articolo 475 del codice di procedura civile, dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 369 del medesimo codice di procedura civile.
      2. Il rilascio delle copie esecutive delle sentenze per procedere all'esecuzione deve avvenire senza il pagamento dell'imposta di bollo, applicando soltanto per le spese l'articolo 25, comma 2.

Art. 71.
(Giudizio di ottemperanza).

      1. Salvo quanto previsto dalle norme del codice di procedura civile per l'esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo, la parte che vi ha interesse può, in alternativa o contestualmente, chiedere l'ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza passata in giudicato, anche parziale o intero, mediante ricorso da depositare in doppio originale presso la segreteria del tribunale tributario, qualora la sentenza passata in giudicato sia stata da esso pronunciata o confermata integralmente in appello, salvo le eventuali spese del giudizio, e in ogni altro caso presso la segreteria della corte d'appello tributaria, anche per quanto riguarda le sentenze della Corte di cassazione.
      2. Il ricorso è proponibile solo dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l'adempimento da parte del competente ufficio dell'agenzia fiscale, dell'ente locale o regionale, dell'agente

 

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della riscossione o dell'ente previdenziale dell'obbligo posto a carico dalla sentenza o, in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario e fino a quando l'obbligo non sia estinto.
      3. Il ricorso indirizzato al presidente del tribunale tributario o della corte d'appello tributaria deve contenere, a pena di inammissibilità, rilevabile anche d'ufficio:

          a) la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione;

          b) la precisa indicazione della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l'ottemperanza, che deve essere prodotta in copia unitamente all'originale o in copia autentica dell'atto di messa in mora notificato a norma del comma 2, se necessario.

      4. Uno dei due originali del ricorso è comunicato a cura della segreteria al competente ufficio dell'agenzia fiscale o all'ente locale o regionale o all'agente della riscossione oppure all'ente previdenziale, obbligato a provvedere in merito.
      5. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 4 l'ufficio dell'agenzia fiscale o l'ente locale o regionale o l'agente della riscossione o l'ente previdenziale può trasmettere le proprie osservazioni al giudice competente, allegando la documentazione dell'avvenuto pagamento effettivo, senza poter eccepire alcuna compensazione.
      6. Il presidente adito, scaduto il termine perentorio di cui al comma 5, assegna il ricorso alla stessa sezione che ha pronunciato la sentenza. Il presidente della sezione deve fissare il giorno per la trattazione del ricorso in camera di consiglio non oltre novanta giorni dal deposito del ricorso e ne viene data comunicazione alle parti interessate almeno dieci giorni liberi prima a cura della segreteria.
      7. Il collegio, in camera di consiglio, senza la necessità di presentare l'istanza di cui all'articolo 33, comma 1, sentite le parti presenti in contraddittorio e acquisita la documentazione necessaria, adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili

 

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per l'ottemperanza in luogo dell'ufficio o ente che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritte dalla legge.
      8. Il collegio deve attenersi scrupolosamente agli obblighi risultanti espressamente dalla sentenza, tenuto conto della relativa motivazione anche se manca la qualificazione della pretesa del contribuente. Il ricorrente può sempre chiedere per la prima volta nel giudizio di ottemperanza gli interessi anatocistici di cui all'articolo 1283 del codice civile e la rivalutazione monetaria ai sensi dell'articolo 1224, secondo comma, del medesimo codice civile.
      9. Il collegio, se lo ritiene opportuno, può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta, che non può mai essere un proprio componente, al quale fissa un congruo termine per i necessari provvedimenti attuativi, compresa la facoltà di sostituirsi all'ufficio, all'ente o all'agente della riscossione inadempiente e di provvedere subito ai relativi pagamenti utilizzando la speciale procedura del conto sospeso, di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o ottobre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 275 del 323 novembre 2002. Il collegio determina sempre il compenso al commissario ad acta secondo le disposizioni della legge 8 luglio 1980, n. 319, e successive modificazioni. Gli Ordini e i collegi professionali possono inviare ai presidenti dei tribunali tributari e delle corti d'appello tributarie un elenco di professionisti che, per competenza e preparazione, possono svolgere efficacemente le funzioni di commissario ad acta.
      10. Il collegio, eseguiti i provvedimenti di cui ai commi 7, 8 e 9, e preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal commissario ad acta nominato, dichiara chiuso il procedimento con ordinanza non impugnabile.
      11. Tutti i provvedimenti di cui al presente articolo sono immediatamente esecutivi.
 

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      12. Avverso la sentenza di cui al comma 7 è ammesso unicamente ricorso per cassazione soltanto per inosservanza delle norme sul procedimento.
      13. Sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando l'agenzia fiscale, l'ente locale o regionale, l'ente previdenziale o l'agente della riscossione ha comunque riconosciuto il diritto al rimborso e la precisa quantificazione delle somme dovute, anche tramite vaglia cambiario.
      14. In riferimento al giudizio di ottemperanza è sempre applicabile la legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni, per l'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo.

Titolo III
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 72.
(Applicazione di norme speciali).

      1. Nel processo tributario è applicabile la normativa sulla responsabilità civile dei magistrati, di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117, e successive modificazioni.
      2. Nel processo tributario è applicabile la legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni, per l'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, in base al principio di cui all'articolo 111, secondo comma, della Costituzione.

Art. 73
(Norme abrogate).

      1. Le lettere a), b), c), d), g), h), i), l), m) e z) del comma 1 dell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e il decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, sono abrogati.

 

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Parte seconda
ORDINAMENTO DEGLI ORGANI SPECIALI DI GIURISDIZIONE TRIBUTARIA

Titolo I
MODIFICHE AL DECRETO LEGISLATIVO 31 DICEMBRE 1992, N. 545

Art. 74.
(Modifiche dei riferimenti relativi agli organi speciali di giurisdizione tributaria).

      1. I riferimenti alle «commissioni tributarie», alle «commissioni tributarie provinciali» e alle «commissioni tributarie regionali», contenuti nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive modificazioni, devono intendersi sostituiti dai riferimenti, rispettivamente, agli «organi della giurisdizione tributaria», ai «tribunali tributari» e alle «corti d'appello tributarie».

Art. 75.
(Modifiche dei riferimenti relativi all'organo ministeriale).

      1. Nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive modificazioni, le parole: «Ministro delle finanze» e «Ministro dell'economia e delle finanze» sono sostituite, ovunque ricorrono, dalle seguenti: «Presidente del Consiglio dei ministri» e le parole: «Ministero delle finanze» sono sostituite, ovunque ricorrono, dalle seguenti: «Presidenza del Consiglio dei ministri».

Art. 76.
(Tribunali tributari e corti d'appello tributarie).

      1. All'articolo l del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2, le parole: «da commissioni tributarie di primo e di secondo

 

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grado» sono sostituite dalle seguenti: «da tribunali tributari e da corti d'appello tributarie»;

          b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Le corti d'appello tributarie, i tribunali tributari e il numero delle relative sezioni sono indicati nella tabella A allegata al presente decreto. La dotazione organica unitaria del personale di magistratura, articolata per ogni corte d'appello tributaria e per ogni tribunale tributario, è indicata nella tabella B allegata al presente decreto»;

          c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. Il numero delle sezioni delle corti d'appello tributarie e dei tribunali tributari può essere adeguato, in relazione al flusso medio dei processi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della giustizia, sentito il Consiglio di presidenza»;

          d) il comma 5 è sostituito dal seguente:

      «5. Alla istituzione di nuove corti d'appello tributarie e di nuovi tribunali tributari e alle variazioni conseguenti, in relazione a mutamenti dell'assetto provinciale e regionale del territorio della Repubblica, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della giustizia, sentito il Consiglio di presidenza».

Art. 77.
(Giudici dei tribunali tributari).

      1. L'articolo 3 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 3. - (Giudici dei tribunali tributari). - 1. I giudici dei tribunali tributari sono nominati tra:

          a) i magistrati ordinari e amministrativi, in servizio o a riposo;

 

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          b) i docenti di ruolo universitari o della scuola secondaria di secondo grado e i ricercatori in materie giuridiche, economiche o tecnico-ragionieristiche, in servizio o a riposo;

          c) i dipendenti civili dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, in servizio o a riposo, in possesso di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o altra equipollente e che hanno prestato servizio per almeno dieci anni in qualifiche per le quali è richiesta una di tali lauree o altra equipollente. Sono esclusi i dipendenti del Ministero dell'economia e delle finanze, in servizio o a riposo;

          d) i notai e gli iscritti agli albi professionali degli avvocati o dei dottori commercialisti, che hanno esercitato per almeno dieci anni le rispettive professioni;

          e) coloro che sono stati iscritti agli albi professionali di cui alla lettera d) e che hanno esercitato attività di amministratori, di sindaci, di dirigenti o di revisori dei conti in società di capitali;

          f) coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento in materie giuridiche, economiche o tecnico-ragionieristiche e che hanno esercitato per almeno cinque anni attività di insegnamento;

          g) gli iscritti agli albi dei ragionieri e periti commerciali, che hanno esercitato per almeno dieci anni le rispettive professioni».

Art. 78.
(Giudici delle corti d'appello tributarie).

      1. L'articolo 4 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 4. - (Giudici delle corti d'appello tributarie). - 1. I giudici delle corti d'appello tributarie sono nominati tra:

          a) i giudici dei tribunali tributari, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), che

 

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hanno svolto per almeno due anni le funzioni di giudice tributario;

          b) i giudici dei tribunali tributari, di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), d), e), f) e g), che hanno svolto per almeno tre anni le funzioni di giudice tributario;

          c) i giudici dei tribunali tributari, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), che hanno svolto per non meno di quattro anni le funzioni di giudice tributario.

      2. Il Consiglio di presidenza, per la nomina a giudice delle corti d'appello tributarie, tiene conto degli anni di esercizio delle funzioni di giudice tributario, nonché della laboriosità, della capacità, della diligenza e della preparazione dimostrate nell'espletamento delle funzioni, sulla base di criteri obiettivi formulati dallo stesso Consiglio di presidenza».

Art. 79.
(Presidenti degli organi di giurisdizione tributaria e delle sezioni. Vicepresidenti di sezione).

      1. L'articolo 5 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. - (Presidenti degli organi di giurisdizione tributaria e delle sezioni. Vicepresidenti di sezione). - 1. I presidenti dei tribunali tributari sono nominati tra i presidenti di sezione dei tribunali tributari e tra i presidenti di sezione delle corti d'appello tributarie, con almeno due anni di esercizio nelle funzioni di presidente di sezione, per i giudici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a); con almeno tre anni di esercizio nelle funzioni di presidente di sezione, per i giudici di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), d), e), f) e g), purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio; con almeno quattro anni di esercizio nelle funzioni di presidente di sezione, per i giudici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio.

 

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      2. I presidenti di sezione dei tribunali tributari sono nominati tra i vicepresidenti di sezione dei tribunali tributari e tra i vicepresidenti di sezione delle corti d'appello tributarie, con almeno due anni di esercizio nelle funzioni di vicepresidente di sezione, per i giudici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a); con almeno tre anni di esercizio nelle funzioni di vicepresidente di sezione, per i giudici di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), d), e), f) e g), purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio; con almeno quattro anni di esercizio nelle funzioni di vicepresidente di sezione, per i giudici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), purché in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio.
      3. I vicepresidenti di sezione dei tribunali tributari sono nominati tra i giudici dei tribunali tributari in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 4 e tra i giudici delle corti d'appello tributarie, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza, in economia e commercio o altre equipollenti.
      4. I presidenti delle corti d'appello tributarie sono nominati tra i presidenti dei tribunali tributari, i presidenti di sezione delle corti d'appello tributarie e i presidenti di sezione dei tribunali tributari, che hanno i requisiti previsti dal comma 1.
      5. I presidenti di sezione delle corti d'appello tributarie sono nominati tra i presidenti di sezione dei tribunali tributari e tra i vicepresidenti di sezione delle corti d'appello tributarie, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio.
      6. I vicepresidenti di sezione delle corti d'appello tributarie sono nominati tra i vicepresidenti di sezione dei tribunali tributari, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio; tra i giudici delle corti d'appello tributarie, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o altre equipollenti; tra i giudici dei tribunali tributari che hanno i requisiti previsti dall'articolo
 

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4 e che hanno esercitato le relative funzioni per ulteriori due anni, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio.
      7. Il Consiglio di presidenza, per la nomina ad una nelle funzioni previste nei commi da 1 a 6, tiene conto degli anni di esercizio nelle funzioni di giudice tributario, nonché della laboriosità, della capacità, della diligenza e della preparazione dimostrate nell'espletamento delle funzioni esercitate al momento della valutazione, sulla base di criteri obiettivi formulati dallo stesso Consiglio di presidenza».

Art. 80.
(Requisiti generali).

      1. La lettera f) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è abrogata.

Art. 81.
(Procedimenti di nomina dei giudici dei tribunali tributari).

      1. All'articolo 9 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Procedimenti di nomina dei giudici dei tribunali tributari»;

          b) al comma 1, le parole: «i componenti delle commissioni tributarie» sono sostituite dalle seguenti: «i giudici dei tribunali tributari»;

          c) al comma 2, le parole: «negli articoli 3, 4 e 5, per il posto da conferire» sono sostituite dalle seguenti: «nell'articolo 3»;

          d) al comma 3, le parole: «negli articoli 3, 4 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «nell'articolo 3».

 

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Art. 82.
(Procedimento per la nomina alle funzioni e agli incarichi di giudice delle corti d'appello tributarie, di presidente degli organi di giurisdizione tributaria, di presidente e di vicepresidente di sezione. Procedimento per trasferimento).

      1. Dopo l'articolo 10 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è inserito il seguente:

      «Art. 10-bis. - (Procedimento per la nomina alle funzioni e agli incarichi di giudice delle corti d'appello tributarie, di presidente degli organi di giurisdizione tributaria, di presidente e di vicepresidente di sezione. Procedimento per trasferimento). - 1. La vacanza dei posti di giudice delle corti d'appello tributarie, nonché di presidente, di presidente di sezione e di vicepresidente di sezione presso i tribunali tributari e presso le corti d'appello tributarie è annunciata dal Consiglio di presidenza e portata a conoscenza di tutti i giudici tributari in servizio, a prescindere dalle funzioni svolte, con indicazione del termine entro il quale coloro che intendono concorrere all'assegnazione dell'incarico devono presentare la relativa domanda.
      2. I giudici tributari, a prescindere dalla funzione o dall'incarico esercitati, non possono concorrere all'assegnazione di altre funzioni o incarichi prima di due anni dal giorno in cui sono stati immessi nelle funzioni esercitate al momento della domanda.
      3. Alla nomina in ciascuna delle funzioni e degli incarichi si procede in conformità a quanto previsto dall'articolo 9, commi 1, 5 e 6. Nei casi di necessità di servizio, il Presidente del Consiglio dei ministri può disporre, su richiesta del Consiglio di presidenza, l'anticipazione dell'assunzione delle funzioni ai sensi del quarto comma dell'articolo 10 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
      4. Il Consiglio di presidenza procede alla deliberazione di cui al comma 1

 

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dell'articolo 9 sulla base di elenchi formati relativamente ai posti pubblicati e comprendenti gli aspiranti alla funzione o all'incarico, in possesso dei requisiti rispettivamente previsti dagli articoli 4, 5 e 6. Alla comunicazione di disponibilità alla funzione o all'incarico deve essere allegata la documentazione circa il possesso dei requisiti rispettivamente previsti dai citati articoli 4, 5 e 6 nonché la dichiarazione di non essere in alcuna delle situazioni di incompatibilità indicate all'articolo 8.
      5. La scelta tra i concorrenti è effettuata dal Consiglio di presidenza, tenendo conto degli anni di esercizio delle funzioni di giudice tributario, considerando un anno di esercizio delle funzioni presso le commissioni di primo e di secondo grado pari alla metà di un anno di esercizio delle funzioni a decorrere dal 1o aprile 1996, della capacità, della laboriosità, della diligenza e della preparazione, nonché dell'attitudine all'incarico di presidente, di presidente di sezione e di vicepresidente, sulla base di criteri obiettivi formulati dal medesimo Consiglio di presidenza.
      6. Per le domande di trasferimento ad altra sede con le stesse funzioni esercitate, il Consiglio di presidenza tiene conto anche di motivi di famiglia e di salute. In caso di parità di valutazione, prevale il concorrente con la maggior anzianità di età.
      7. Alla copertura dei posti di giudice presso le corti d'appello tributarie, rimasti vacanti per difetto di aspiranti, il Consiglio di presidenza provvede d'ufficio conferendo le relative funzioni ai giudici dei tribunali tributari della stessa regione, in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 4, a partire da quello con maggior anzianità di servizio e, in caso di parità, da quello con maggior anzianità di età.
      8. Alla copertura dei posti di giudice presso i tribunali tributari rimasti vacanti dopo l'espletamento dei concorsi per trasferimento si provvede con il procedimento previsto dall'articolo 9, riservato a coloro che aspirano per la prima volta alla nomina a giudice di tribunale tributario».
 

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Art. 83.
(Durata dell'incarico e temporaneità della funzione).

      1. All'articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Durata dell'incarico e temporaneità della funzione»;

          b) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. I presidenti delle corti d'appello tributarie e dei tribunali tributari durano in carica non oltre cinque anni e alla scadenza sono nominati, anche in soprannumero, presidenti di sezione presso l'organo giurisdizionale di appartenenza. I medesimi possono concorrere per la nomina ad altro posto di presidente di corte d'appello tributaria o di tribunale tributario dopo due anni dalla cessazione dell'incarico precedente»;

          c) il comma 5 è abrogato.

Art. 84.
(Titolo onorifico).

      1. Dopo l'articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, come da ultimo sostituito dall'articolo 83 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 11-bis. - (Titolo onorifico) - 1. All'atto della cessazione dalla funzione o dall'incarico può essere conferito al giudice tributario il titolo ufficiale onorifico inerente alla funzione o all'incarico immediatamente superiore».

Art. 85.
(Trattamento economico).

      1. L'articolo 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 13. - (Trattamento economico). - 1. Il compenso fisso mensile spettante ai

 

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giudici delle corti d'appello tributarie e dei tribunali tributari è determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentito il Consiglio di presidenza, secondo criteri che tengono conto della qualifica, delle funzioni e, per i presidenti di corte d'appello e di tribunale, del numero delle sezioni in cui si articolano tali organi giurisdizionali.
      2. Con il decreto di cui al comma 1 oltre al compenso mensile è determinato un compenso aggiuntivo per ciascun ricorso definito, anche se riunito con altri ricorsi, spettante a ciascun componente del collegio giudicante, tenendo conto dell'apporto dell'estensore della sentenza. Per i provvedimenti cautelari emessi in camera di consiglio il compenso aggiuntivo è pari alla metà di quello determinato per ogni ricorso definito. Il compenso aggiuntivo è pari alla metà di quello determinato per ogni ricorso definito anche per le ordinanze istruttorie emesse nell'ambito del procedimento.
      3. Per ogni presenza in udienza è dovuta un'indennità, il cui ammontare è determinato con il decreto di cui al comma 1, sulla base dei criteri di cui al comma 2.
      4. Per i residenti in comuni diversi da quello in cui ha sede la corte d'appello tributaria o il tribunale tributario, per l'intervento alle sedute della corte d'appello tributaria o del tribunale tributario o di ogni altro organo collegiale spetta la liquidazione di un'indennità pari a un quarto del compenso spettante a ciascun componente del collegio giudicante per ogni ricorso definito, se la distanza tra i due comuni è inferiore a 40 chilometri, e pari a un terzo se la predetta distanza è superiore a 40 chilometri.
      5. La liquidazione dei compensi è disposta dal dirigente responsabile della segreteria della corte d'appello tributaria o del tribunale tributario, quale funzionario delegato cui sono accreditati i fondi necessari.
      6. I compensi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 sono cumulabili con i trattamenti
 

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pensionistici e di quiescenza comunque denominati».

Art. 86.
(Vigilanza e sanzioni disciplinari).

      1. Alla lettera d) del comma 2 dell'articolo 15 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e per comportamento negligente o scorretto particolarmente grave che denota l'inidoneità a svolgere diligentemente e proficuamente la funzione di giudice tributario».

Art. 87.
(Durata).

      1. All'articolo 18 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. I componenti del Consiglio di presidenza eletti dai giudici tributari, che nel corso del quadriennio cessano per qualsiasi causa di farne parte, sono sostituiti per il restante periodo dal primo dei non eletti. Nel caso di cessazione di un componente eletto dal Parlamento, il presidente del Consiglio di presidenza ne dà comunicazione al Presidente della Camera che lo ha eletto, con richiesta di provvedere all'elezione del sostituto»;

          b) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

      «2-bis. I componenti del Consiglio di presidenza per tutta la durata dell'incarico non possono partecipare ai concorsi previsti dagli articoli 9 e 10-bis.

      2-ter. Per particolari esigenze connesse all'attività consiliare è disposto, per i componenti del Consiglio di presidenza che siano magistrati ordinari, amministrativi o pubblici dipendenti, l'esonero dalle rispettive

 

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funzioni, per il periodo massimo di un anno, su richiesta del Consiglio stesso».

Art. 88.
(Attribuzioni del presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria).

      1. Dopo l'articolo 18 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è inserito il seguente:

      «Art. 18-bis. - (Attribuzioni del presidente del Consiglio di presidenza). - 1. Il presidente del Consiglio di presidenza:

          a) indìce le votazioni per l'elezione dei componenti giudici tributari;

          b) richiede ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati di provvedere all'elezione dei componenti di rispettiva designazione;

          c) convoca e presiede il Consiglio medesimo;

          d) in caso di assenza o di impedimento, è sostituito da uno dei vicepresidenti e, nel caso di presenza di entrambi i vicepresidenti, da quello eletto tra i componenti di designazione parlamentare ovvero, se entrambi di designazione parlamentare o entrambi eletti dai giudici tributari, da quello nominato vicepresidente con il maggiore numero di voti e, in caso di parità, da quello che ha riportato il maggiore numero di voti nell'elezione a componente del Consiglio di presidenza».

      2. Al comma 1 dell'articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, le parole: «e sono indette con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana almeno trenta giorni prima della data stabilita» sono soppresse.

 

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Art. 89.
(Attribuzioni).

      1. Al comma 1 dell'articolo 24 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera h) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, avvalendosi dell'ufficio studi e documentazione di cui all'articolo 29-ter»;

          b) alla lettera m-bis), le parole: «componenti presso altra commissione tributaria o sezione staccata, rientrante nello stesso ambito regionale» sono sostituite dalle seguenti: «presidenti di sezione, vicepresidenti e giudici presso altra corte d'appello tributaria o sezione staccata e di presidenti di sezione, vicepresidenti e giudici presso altro tribunale tributario» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per lo stesso periodo possono essere applicati presso le corti d'appello tributarie i presidenti di sezione, i vicepresidenti e i giudici dei tribunali tributari in possesso dei requisiti previsti dagli articoli 4 e 5».

Art. 90.
(Convocazione).

      1. Al comma 1 dell'articolo 25 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, le parole: «dal componente che lo sostituisce» sono sostituite dalle seguenti: «dal vicepresidente secondo quanto previsto dall'articolo 18-bis, comma 1, lettera d)».

Art. 91.
(Deliberazioni).

      1. Al comma 1 dell'articolo 26 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «sette».

 

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Art. 92.
(Trattamento dei componenti del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria).

      1. L'articolo 27 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 27. - (Trattamento dei componenti del Consiglio di presidenza). - 1. I componenti del Consiglio di presidenza eletti dai giudici tributari sono esonerati dalle funzioni proprie di giudice tributario conservando la titolarità dell'ufficio.
      2. Ai componenti del Consiglio di presidenza spetta il compenso fisso mensile pari al compenso fisso più elevato spettante ai presidenti di corte d'appello tributaria o di tribunale tributario.
      3. Ai componenti del Consiglio di presidenza è attribuita un'indennità per ogni seduta, nonché, a coloro che risiedono fuori Roma, l'indennità di missione per i giorni di viaggio e di permanenza a Roma. La misura dell'indennità per seduta e il numero massimo giornaliero delle sedute che danno diritto a indennità sono determinati dal medesimo Consiglio, secondo criteri stabiliti nel regolamento di amministrazione e contabilità di cui all'articolo 29-bis».

Art. 93.
(Regolamento di amministrazione e contabilità del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria).

      1. Al comma 1 dell'articolo 29-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Il Consiglio di presidenza adotta il regolamento di amministrazione e contabilità, con il quale sono disciplinate la gestione delle risorse finanziarie e le relative modalità».

 

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Art. 94.
(Ufficio studi e documentazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria).

      1. Nel capo III del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, dopo l'articolo 29-bis, come modificato dall'articolo 93 della presente legge, è aggiunto il seguente:

      «Art. 29-ter. - (Ufficio studi e documentazione del Consiglio di presidenza). - 1. Presso il Consiglio di presidenza è istituito un ufficio studi e documentazione con i seguenti compiti:

          a) curare l'attività di studio e di raccolta di documenti attinenti al diritto tributario;

          b) organizzare, anche d'intesa con la Scuola superiore dell'economia e delle finanze e in convenzione anche con altri enti, convegni, incontri e seminari di studio fra i giudici tributari al fine di favorirne l'aggiornamento professionale. I temi, la sede e la durata degli incontri e dei seminari di studio sono definiti dal Consiglio di presidenza, che nomina anche i coordinatori e i relatori, che possono essere anche avvocati tributaristi;

          c) fornire gli elementi per la redazione della relazione annuale sull'andamento dell'attività degli organi di giurisdizione tributaria.

      2. L'ufficio è diretto da un giudice tributario in possesso dei requisiti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), e che eserciti le funzioni di presidente di sezione di corte d'appello tributaria o di tribunale tributario. All'ufficio sono addetti giudici tributari, in numero complessivamente non superiore a cinque unità.
      3. All'assegnazione dei giudici tributari addetti all'ufficio provvede, con il loro consenso, il Consiglio di presidenza, che a tal fine provvede alla determinazione dei relativi criteri di scelta.
      4. I giudici tributari addetti all'ufficio sono esonerati dall'attività giudicante e il loro trattamento economico è ragguagliato,

 

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quanto alla parte variabile, a quella più elevata corrisposta nello stesso periodo al giudice con pari qualifica dell'organo giurisdizionale di appartenenza».

Art. 95.
(Ufficio di segreteria del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria).

      1. L'articolo 30 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 30. - (Ufficio di segreteria del Consiglio di presidenza). - 1. Il Consiglio di presidenza è assistito da un ufficio di segreteria, al quale sono assegnati un dirigente generale, tre dirigenti, nonché funzionari e impiegati di diversi livelli e profili professionali, appartenenti al ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi di giurisdizione tributaria di cui all'articolo 38, nei limiti fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
      2. L'ufficio di segreteria è posto alle dirette dipendenze del comitato di presidenza del Consiglio di presidenza, composto dal presidente, dai vicepresidenti e da due componenti eletti dal Consiglio stesso.
      3. L'assegnazione di dirigenti, funzionari e impiegati all'ufficio di segreteria deve essere preventivamente approvata dal Consiglio di presidenza. La revoca di tale assegnazione può essere richiesta e, in ogni caso, deve essere approvata dal medesimo Consiglio.
      4. Con apposito regolamento il Consiglio di presidenza disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'ufficio di segreteria».

Art. 96.
(Personale addetto agli uffici di segreteria).

      1. L'articolo 32 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 32. - (Personale addetto agli uffici di segreteria). - 1. Agli uffici di

 

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segreteria delle corti d'appello tributarie e dei tribunali tributari sono addetti i dipendenti appartenenti al ruolo unico del personale degli uffici di segreteria di cui all'articolo 38».

Art. 97.
(Trattamento economico del personale addetto agli uffici di segreteria).

      1. Al comma 3 dell'articolo 33 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, le parole: «Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro» sono sostituite dalle seguenti: «Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze».

Art. 98.
(Amministrazione del personale delle segreterie).

      1. L'articolo 34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, abrogato.

Art. 99.
(Ufficio centrale del contenzioso tributario).

      1. L'articolo 36 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 36. - (Ufficio centrale del contenzioso tributario). - 1. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l'Ufficio centrale del contenzioso tributario, che provvede alla gestione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia tributaria, svolgendo le seguenti funzioni:

          a) curare l'attività relativa alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri e della Presidenza del Consiglio dei ministri prevista dal presente decreto;

 

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          b) effettuare ispezioni, verifiche e indagini per l'esercizio dell'alta sorveglianza del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 29 e dell'azione disciplinare di cui all'articolo 16;

          c) provvedere alla gestione automatizzata delle attività degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria e delle rilevazioni statistiche sull'andamento dei processi, comprese la formazione e la tenuta dei ruoli;

          d) curare la gestione dell'ufficio del massimario, nonché la rilevazione e l'esame delle questioni di rilevante interesse o di ricorrente frequenza nelle controversie pendenti dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria, sulla base di segnalazioni periodiche dei presidenti degli stessi;

          e) segnalare al Ministro dell'economia e delle finanze, nonché ai direttori delle Agenzie delle entrate, del territorio e delle dogane le questioni sulle quali si registra un univoco orientamento giurisprudenziale e le questioni di particolare importanza sulle quali non vi è un univoco orientamento giurisprudenziale;

          f) provvedere all'amministrazione del personale inquadrato nel ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria di cui all'articolo 38;

          g) curare, d'intesa con la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, corsi di aggiornamento per il personale inquadrato nel ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria di cui all'articolo 38.

      2. All'Ufficio centrale del contenzioso tributario sono assegnati dirigenti, funzionari e impiegati dei diversi livelli e profili professionali appartenenti al ruolo unico del personale degli uffici di segreteria di cui all'articolo 38, nei limiti fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri».

 

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Art. 100.
(Direttore dell'Ufficio centrale del contenzioso tributario).

      1. L'articolo 37 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 37. - (Direttore dell'Ufficio centrale del contenzioso tributario). - 1. Il direttore dell'Ufficio centrale del contenzioso tributario è scelto tra magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato o dirigenti di prima fascia delle amministrazioni dello Stato, che svolgono o che hanno svolto funzioni di giudice tributario.
      2. Il direttore è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
      3. L'incarico ha durata quinquennale ed è rinnovabile una sola volta.
      4. Al direttore compete un'indennità di funzione non eccedente il trattamento onnicomprensivo spettante ai capi dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
      5. Il direttore è collocato fuori dal ruolo organico dell'amministrazione di appartenenza ed è sospeso dalla funzione che svolge presso il tribunale tributario o la corte d'appello tributaria».

Art. 101.
(Ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria).

      1. L'articolo 38 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 38. - (Ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria). - 1. È istituito il ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria, inquadrato nell'Ufficio centrale del contenzioso tributario.
      2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri

 

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per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, sentito il Consiglio di presidenza, sono determinati il numero complessivo di dirigenti, funzionari e impiegati dei diversi livelli e profili professionali inquadrati nel ruolo unico, nonché il contingente da destinare ad ogni organo della giurisdizione tributaria.
      3. Nel ruolo unico sono inquadrati il personale dell'ufficio di segreteria del Consiglio di presidenza e il personale addetto al funzionamento dell'Ufficio centrale del contenzioso tributario.
      4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono determinate ogni anno le variazioni da apportare alla dotazione organica degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria, in relazione alle variazioni del numero delle sezioni».

Art. 102.
(Rilevazioni statistiche).

      1. Al comma 1 dell'articolo 39 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, le parole: «la direzione centrale di cui all'articolo 37, comma 1, avvalendosi del servizio di cui all'articolo 36,» sono sostituite dalle seguenti: «l'Ufficio centrale del contenzioso tributario».

Art. 103.
(Ufficio del massimario).

      1. L'articolo 40 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è sostituito dal seguente:

      «Art. 40. - (Ufficio del massimario). - 1. È istituito presso ogni corte d'appello tributaria un ufficio del massimario che provvede a rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni della stessa e dei tribunali tributari aventi sede nella circoscrizione.
      2. Il Consiglio di presidenza, sentito l'Ufficio centrale del contenzioso tributario, assegna a ciascun ufficio del massimario

 

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giudici tributari in numero variabile da due a cinque, in ragione del numero delle sezioni funzionanti della corte d'appello tributaria e dei tribunali tributari della stessa regione e del numero delle decisioni assunte.
      3. I giudici tributari addetti all'ufficio del massimario sono esonerati dalle funzioni proprie, conservando la titolarità delle funzioni ricoperte e il relativo trattamento economico ragguagliato, quanto alla parte variabile, a quella più elevata, ridotta di un quarto, corrisposta nello stesso periodo al giudice tributario con pari funzioni dell'organo giurisdizionale di appartenenza.
      4. Alle esigenze di personale dell'ufficio del massimario si provvede nell'ambito del ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria di cui all'articolo 38.
      5. L'Ufficio centrale del contenzioso tributario, sentito il Consiglio di presidenza, disciplina, con apposito regolamento, le modalità di raccolta delle decisioni, i tempi della massimazione, nonché l'alimentazione del massimario centrale utilizzabile da tutti i giudici tributari e dagli avvocati e la trasmissione alla banca dati del servizio di documentazione tributaria gestita dal sistema centrale di elaborazione del Ministero dell'economia e delle finanze, al quale gli organi di giurisdizione tributaria sono collegati».

Art. 104.
(Corsi di aggiornamento e modifica delle tabelle).

      1. Gli articoli 41 e 44-ter del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, sono abrogati.

Art. 105.
(Modifiche alle tabelle allegate al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545).

      1. La tabella E allegata al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e

 

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successive modificazioni, è sostituita dalla tabella E di cui all'allegato 1 annesso alla presente legge.
      2. Le tabelle C, D e F allegate al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive modificazioni, sono abrogate.

Titolo II
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 106.
(Soppressione della Commissione tributaria centrale).

      1. È soppressa la Commissione tributaria centrale con sede a Roma.
      2. Tutti i fascicoli delle controversie pendenti presso la Commissione tributaria centrale sono trasmessi, d'ufficio, alle corti d'appello tributarie competenti per territorio in base alle sedi degli uffici dell'Agenzia delle entrate, degli enti locali e degli agenti della riscossione.
      3. I presidenti di sezione delle corti d'appello tributarie, entro due anni dalla ricezione dei fascicoli di cui al comma 2, devono fissare le date delle udienze di tutte le controversie provenienti dalla soppressa Commissione tributaria centrale.

Art. 107.
(Disposizioni transitorie).

      1. Entro il 31 dicembre 2008 il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e l'Ufficio centrale del contenzioso tributario, istituito ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, come sostituito dall'articolo 99 della presente legge, verificati i flussi delle pendenze e delle sopravvenienze dei ricorsi, nonché il numero delle sentenze assunte da ciascun organo della giurisdizione tributaria, individuano e propongono le variazioni da apportare al numero delle sezioni, agli organici dei giudici e al ruolo unico del personale degli uffici di

 

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segreteria degli organi della giurisdizione tributaria, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, come sostituito dall'articolo 101 della presente legge.
      2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, tenuto conto delle proposte di cui al comma 1, provvede, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, con distinti decreti alle variazioni ritenute necessarie.
      3. In via transitoria, sono inseriti nel ruolo unico del personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria di cui al comma 1 tutti i dipendenti del Ministero dell'economia e delle finanze in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e presso gli organi della giurisdizione tributaria.
      4. Contestualmente all'adozione dei decreti di cui al comma 2 è individuato, con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, l'organico del personale del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e dell'Ufficio centrale del contenzioso tributario di cui al comma 1.
      5. In via transitoria, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è individuato il personale necessario al funzionamento dell'Ufficio centrale per il contenzioso tributario di cui al comma 1.
      6. In via transitoria, i giudici tributari in servizio presso le commissioni tributarie provinciali e regionali non in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, come sostituito dall'articolo 77 della presente legge, sono confermati fino alla cessazione dell'incarico, nelle medesime funzioni, presso i tribunali tributari e le corti d'appello tributarie.

Art. 108.
(Disposizione finanziarie).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposita

 

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unità previsionale di base nello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri - Ufficio centrale del contenzioso tributario, con contestuale soppressione del corrispettivo stanziamento iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
      2. Per i primi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il fondo di cui al comma 1 è determinato in misura pari all'onere economico sostenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze per il funzionamento della giustizia tributaria nell'anno 2007, aumentato del 40 per cento per il primo anno e del 50 per cento per il secondo anno, nonché agli oneri sostenuti nell'anno di entrata in vigore della presente legge per il personale degli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria.